Lombardia. La presenza italiana in Svezia si concentrò automaticamente sopratutto nelle aree industriali: Stoccolma, Västerås, Malmö, Göteborg, Linköping, Gustavsberg, Gävle, Hallstahammar e altri paesi con piccole industrie. Oggi, invece, essa è diffusa un po' in tutta la Svezia. Il flusso di manodopera italiana importata è cessato alla fine degli anni Sessanta. Da allora sono arrivati sporadicamente parenti o amici richiamati da coloro che avevano trovato una sistemazione definitiva e si erano affermati dal punto di vista sociale e professionale. Attualmente non si può parlare di immigrazione organizzata; tutto è molto diverso rispetto al | Sulla base di ricerche effettuate, risulta che il primo anno di raccolta di statistiche sull'immigrazione in Svezia fu il 1875, senza peraltro tener conto della provenienza e della nazionalità. Verso la fine dell'Ottocento, risultavano iscritte un migliaio di persone presso la parrocchia della Chiesa Cattolica di Götgatan a Stoccolma, dove la comunità spesso si ritrovava. Tra queste persone vi furono i fondatori della prima Associazione Italiana in Svezia, che fu costituita a Stoccolma nel 1909, denominata S.A.I. - Società Assistenziale Italiana - tuttora esistente e a quanto pare, dopo un'associazione finlandese, tra le prime associazioni di immigrati costituite in questo Paese. |
Dopo quel periodo giunsero in Svezia anche altri gruppi di italiani: musicisti, venditori di palloncini, venditori e addirittura fonditori di statuette di gesso, suonatori di organetto a mano, cantastorie-portafortuna che giravano con orsi o con gabbie di uccellini e che in genere girovagavano nei Paesi scandinavi in cerca di sopravvivenza.
Sulla base di ricerche effettuate, risulta che il primo anno di raccolta di statistiche sull' immigrazione in Svezia fu il 1875, senza peraltro tener conto della provenienza e della nazionalità. Verso la fine dell'Ottocento, risultavano iscritte un migliaio di persone presso la parrocchia della Chiesa Cattolica di Götgatan a Stoccolma, dove la comunità spesso si ritrovava. Tra queste persone vi furono i fondatori della prima Associazione Italiana in Svezia, che fu costituita a Stoccolma nel 1909, denominata S.A.I. - Società Assistenziale Italiana - tuttora esistente e a quanto pare, dopo un'associazione finlandese, tra le prime associazioni di immigrati costituite in questo Paese. A quel tempo non esisteva la cassa malattia e quindi essa era nata come associazione di mutuo soccorso. I soci pagavano una quota che veniva utilizzata per aiutare i connazionali indigenti.
Il processo di integrazione della Comunità italiana in Svezia
Alla fine degli anni '40, laddove i connazionali erano concentrati, si costituirono alcune nuove associazioni italiane. La S.A.I., come detto in precedenza, fondata nel 1909 a Stoccolma, che venne riformata (modifiche allo Statuto) dal gruppo dei nuovi arrivati che trasferirono la sede a Nacka, dove arrivò un numero consistente di operai italiani presso la Ditta ATLAS COOPCO .
Verso gli inizi degli anni Settanta, queste associazioni di Stoccolma, Västerås Hallstahammar, Eskilstuna e Gustavsberg diedero vita ad un'unica Federazione delle Associazioni Italiane in Svezia - FAIS - avente lo scopo di tutelare gli interessi comuni dei connazionali e contribuire insieme alle Autorità svedesi alla formazione di una politica dell'immigrazione che tenesse conto dei diritti delle minoranze. Oggi le Associazioni Federate sono 15, sparse in tutta la Svezia in un raggio di 600 Km.
Non è stato possibile costituire associazioni prettamente regionali, considerando che in ogni tradizionale associazione esistono esigui gruppi di diversa appartenenza regionale. Per sopperire abbiamo nominato a livello di Consiglio di Federazione un responsabile per ogni Regione che ha l'impegno di mantenere i contatti sia con le Autorità regionali che con i corregionali ovunque essi si trovino.
In seguito, altri gruppi etnici hanno costituito le loro Federazioni, dopodichè unitariamente si è data vita ad un gruppo di collaborazione delle più grandi Federazioni di immigrati, denominato SIOS, allo scopo di discutere e presentare insieme i problemi comuni alle autorità svedesi . La FAIS fin dai primi anni ha dato vita ad un giornale periodico " Il Lavoratore", unico giornale informativo in lingua italiana esistente in Svezia. Nei locali della FAIS da anni convive la sede del Patronato INCA che opera in tutta la Svezia in collegamento con i responsabili sociali sparsi nelle nostre associazioni. Va precisato che è l'unico Patronato presente nel paese.
E' chiaro che l'inserimento nel lavoro, nella famiglia, nella scuola e nella società svedese ha rappresentato sicurezza sia per gli immigrati che per la società svedese, che ben presto ha dato inizio ad una politica di ambientamento ed integrazione con lo scopo di inserire stabilmente questi gruppi di manodopera qualificata importanti per l'economia del paese.
La vecchia generazione è abbastanza ben integrata nel tessuto sociale del Paese. Le condizioni economiche della collettività sono generalmente buone e i casi di indigenza abbastanza rari, salvo un certo numero di persone anziane che sono arrivate in questo Paese in età già avanzata, ad esempio casalinghe e altri che non hanno maturato contributi itialiani e che , anche se hanno lavorato in Svezia alcuni anni, non sono riusciti a maturare una pensione adeguata alla situazione. Pur tenendo conto del ben noto avanzato sistema di assistenza e sicurezza sociale svedese, bisogna far notare che in Svezia, nel dopoguerra, esisteva soltanto la pensione popolare (Folkpension) e la pensione contributiva, maturata attraverso contributi pagati dal datore di lavoro. è entrata in vigore soltanto nel 1960 e quindi molti non hanno potuto trarne alcun beneficio o soltanto in piccola parte.
Le seconde generazioni, avendo frequentato le scuole svedesi, hanno superato la barriera linguistica e sono molto più inserite. Molti sono naturalizzati svedesi, altri hanno la doppia cittadinanza. Alcuni sono perfettamente bilingui. Benchè in Svezia sia riconosciuto alle minoranze etniche il diritto di praticare la propria lingua nella prescuola e di studiarla nelle scuole, si tratta soltanto di due ore alla settimana nella scuola dell'obbligo e questo non basta certamente a mantenere e sviluppare una lingua. Nelle scuole superiori, come seconda lingua è obbligatorio lo studio dell'inglese, e inoltre è facoltativa la scelta di altre lingue: tedesco, francese e spagnolo. Cio significa che i nostri giovani spesso conoscono perfettamente tre e anche quattro lingue.
Alcuni della vecchia immigrazione e in particolar modo i loro figli hanno avuto modo di progredire e di far valere le loro capacità lavorative nei servizi e nelle attività artigianali, arrivando anche a sviluppare iniziative imprenditoriali di sucesso. Molti di loro occupano posti importanti nel settore dell'industria e soprattutto nel campo della ristorazione, e ciò negli ultimi cinquant'anni ha cambiato completamente le tradizioni della cucina svedese .
La politica dell'immigrazione in Svezia ha sempre costituito per il Governo un interesse prioritario. Infatti, per molti anni abbiamo avuto un Ministro per l'immigrazione che si era dotato di un Consiglio consultivo costiutuito da esponenti di tutte le Federazioni, che si riuniva periodicamente per discutere i problemi delle varie etnie. Negli ultimi anni l'accento si è spostato dalla politica dell'immigrazione (che riguarda solo i nuovi arrivati nei primi cinque anni di residenza) alla politica dell'integrazione, che è di competenza del Ministro per l'Integrazione. Sebbene la Svezia sia all'avanguardia per avere concesso già nel 1975 il diritto di voto attivo e passivo alle elezioni amministrative a tutti gli stranieri, dopo tre anni di residenza nel Paese, la partecipazione alla vita politica del paese lascia molto a desiderare e gli italiani non fanno eccezione a questa tendenza.
Questa crescente diminuzione dell'interesse per la politica ha motivazioni complesse. Noi crediamo che un motivo centrale di questa stanchezza sia la esistenza, malgrado leggi avanzate, di una discriminazione strutturale latente che rende difficile ai membri delle minoranze di far carriera, di avanzare socialmente, di incidere sulle decisioni. Per questo forse nessuno dei nostri connazionali ha raggiunto i vertici politico-istituzionali. A quanto pare, non è facile superare questo scoglio. Possiamo soltanto sperare in un continuo sviluppo economico e in un crescente inserimento di questo Paese in un contesto europeo più allargato che apra maggiori prospettive.
L'associazionismo italiano tradizionale sta invecchiando, la vita dei circoli poggia sugli sforzi della prima generazione immigrata. Purtroppo abbiamo praticamente perso la seconda generazione. Per ovvie ragioni i nostri giovani hanno preferito seguire i loro coetanei svedesi anche nel tempo libero. Con molta fatica cerchiamo ora di recuperarli ma il risultato è molto scarso . Bisogna cercare di seguire la terza generazione prima che sia troppo tardi. C'è ora nei giovani una maggiore consapevolezza dell'importanza di mantenere vive la lingua e la cultura italiana e di trasmetterle ai figli.
Si continua a ripetere che i tempi sono cambiati, ma non si è in grado di trovare forme associative più specificamente rivolte al mondo culturale e professionale, più adeguate agli interessi e alle necessità dei nostri giovani, agli interessi del nuovo tipo di emigrazione di cui abbiamo parlato (lavoratori a seguito di imprese, studenti in progetti di scambio, giovani neolaureati).
In Svezia c'è un'unica circoscrizione Consolare; la Cancelleria Consolare presso l'Ambasciata d'Italia a Stoccolma e due Consolati onorari, uno a Göteborg e l'altro a Malmö. I rapporti con le Autorità diplomatiche sono ottimi. Il servizio ai connazionali da parte della Cancelleria Consolare funziona benissimo. Sebbene una grande parte dei connazionali viva molto lontano dalla sede, grazie all'efficiente servizio postale svedese il problema viene risolto facilmente.
Esiste un solo COMITES di 16 membri per tutto il paese, 12 eletti e quattro cooptati, che per la sua sede dispone di una saletta presso la Cancelleria Consolare. Per avere una larga rappresentanza di tutta la comunità abbiamo membri sparsi in tutta la Svezia, i più lontani a seicento km da Stoccolma. Quindi, le spese di viaggio per partecipare alle riunioni sono molto elevate. La scarsa partecipazione ai fenomeni associativi è un dato di fatto che trova riflesso nella sostanziale assenza di 20-30enni nel COMITES .
Dall'anagrafe Consolare risulta, al primo gennaio 2002, che la comunità con passaporto italiano raggiunge le 7.720 unità. Non abbiamo dubbi su questo dato, ma tutti sappiamo che molti che hanno diritto alla doppia cittadinanza, specialmente nelle terze generazioni, non sono stati registrati. Inoltre, bisogna tener conto che oltre la metà, già da vecchia data, ha acquistato la cittadinanza svedese, trascinando con sé anche figli e nipoti. Facendo una stima di tutti, compresi gli oriundi, si può forse raggiungere 19 - 20 mila unità.
Problematiche e aspettative della Comunità italiana in Svezia
La comunità si trova, in sostanza, nelle seguenti condizioni: una prima generazione ormai pensionata, una seconda generazione perduta e un terza che ha bisogno di stimoli per impadronirsi della lingua dei genitori e per ritrovare le loro radici, conoscere l'Italia e la cultura dei loro antenati. Non abbiamo scuole italiane, non esistono Enti gestori per la scuola, non ci sono Insegnanti di ruolo. Tutte le nostre risorse sono nelle mani di quei pochi Comuni svedesi che continuano, con le due ore settimanali, l'insegnamento della lingua materna.
Alcune delle nostre Associazioni hanno dato vita a corsi di lingua per i bambini, usando in parte risorse proprie e in parte piccole somme di contributi ministeriali. Bisogna salutare questa iniziativa con tutto il rispetto e ringraziare queste associazioni ma è chiaro che questo non basta più. È difficile far emergere le aspettative delle nuove generazioni rispetto alle quali occorre forse un'azione di stimolo e di proposte concrete, con iniziative nel settore culturale e dello studio della lingua italiana, ma anche in quello dei tirocini in aziende in Italia e degli scambi professionali, azioni che non siamo oggi in grado di presentare.
Vi è poi la consapevolezza che le nuove tecnologie di comunicazione danno la possibilità non solo di migliorare l'informazione sull'Italia che cambia, ma anche di fornire un'informazione di ritorno per offrire una più chiara percezione del ruolo svolto dalla nostra collettività. Il quadro non è affatto confortante. Bisogna fare di più , in primo luogo la politica deve dare una risposta alle esigenze di questi giovani che, pur essendo entrati a far parte della vita del Paese di accoglienza, vogliono mantenere e sviluppare un legame con il loro Paese di provenienza.