dell’obbligo a causa dei lancinanti attacchi di emicrania. Malgrado questo handicap, fin da bambino, Valente aveva mostrato una particolare predisposizione per la musica e, con il passare degli anni, era diventato un provetto fisarmonicista. Giuseppe Jaconelli proveniva da una famiglia numerosa di piccoli agricoltori e, a causa della miseria, aveva lasciato il paesello e si era avventurato nell'estremo nord dell’Europa. Dopo aver attraversato a piedi la Russia e la Finlandia, era | Il processo fu lungo e complesso e destò enorme eco e un interesse spasmodico nell’opinione pubblica, causando difficoltà e gravi problemi alla sparuta comunità italiana residente. Si registrarono infatti episodi di xenofobia nei confronti degli italiani in tutta la Svezia e, malgrado i due malcapitati venissero assolti con formula piena, gli svedesi continuarono a guardare ancora per un bel po' gli italiani con diffidenza. |
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Ecco la cronaca dei fatti così come viene esposta dai giornali dell’epoca:
Il primo dicembre 1913, in una di quelle notti di bufera che caratterizzano l’inverno del nord, a Upplands Väsby, un villaggio situato tra Stoccolma e Uppsala, viene assassinato con una coltellata al cuore il farmacista Jan Hallbergsson da un misterioso avventore not-turno che, pochi istanti prima, aveva bussato alla porta della farmacia. Anche la domestica del farmacista, accorsa poiché richiamata dai rumori provocati dalla colluttazione, viene attaccata dall’assassino in fuga che la ferisce con cinque coltellate. La descrizione del malvivente che la donna rilascia alla polizia è molto vaga: un giovane dalla capigliatura scura, il capo coperto da un cappello di feltro morbido e abbigliato con un lungo mantello. Malgrado le minuziose ricerche sull’intero territorio circostante, l’impiego di cani e di un massiccio spiegamento di forze, la polizia non riesce a trovare traccia dell’assassino.
Cinque giorni dopo, un agente di polizia nota la presenza di due viandanti a Marma, a oltre duecento chilometri dal luogo del delitto. Essi sono Valente e Jaconelli e, ritenendo i due stranieri elementi sospetti, li pone in stato di fermo e li trasferisce al commissariato di Uppsala.
I due asseriscono di aver girato per i villaggi al nord di Uppsala, a una distanza considerevole dal luogo del delitto, ma non sono creduti a causa del singolare atteggiamento del giovane Valente, che durante l’interrogatorio è nervoso, suda e si comporta in modo stra-no. L’8 dicembre, dopo tre giorni di serrati interrogatori, Valente, all'improvviso, confessa di aver commesso il delitto. Ma Giuseppe Jaconelli non si mostra preoccupato della confessione del compagno: “È un povero demente - dice alla polizia - ed è capace di accollarsi qualsiasi colpa se su di lui si esercitano pressioni. Lo fa soltanto per compiacere.”
Malgrado la polizia cominci a notare che Valente cambia spesso la versione dell’accaduto e che nel corso degli interrogatori inserisce nuovi dettagli, la testimone chiave, la domestica della vittima, si dimostra sempre più convinta che gli agenti abbiano messo le mani sul vero colpevole: cosa provoca sollievo all'autorità inquirente che non vede l’ora di risolvere il caso.
Anche la reazione di Valente, alla vista del cadavere della vittima, pare confermare i sospetti: il giovane scoppia in lacrime e deve essere allontanato dagli agenti, mentre Jaconelli, dopo essersi avvicinato alla salma del farmacista e avergli posto la mano sulla fronte, afferma: “Giuro sulla Vergine Maria di essere innocente!”
Mamma Teresa intanto, nella solitudine dell’abitazione di Fjällgatan, si dispera nell'apprendere che la stampa e l’opinione pubblica hanno già dichiarato colpevoli due italiani.
Tra i pochi che credono nell'innocenza di Giuseppe Jaconelli e Biagio Valente vi è il noto giurista Axel Carlsson, il quale, dopo aver a lungo discusso con la moglie l’evoluzione del caso attraverso le cronache dei giornali, prende contatto con l’ambasciatore d’Italia e si offre di assumere la difesa dei due italiani.
Dopo aver ascoltato la versione dei fatti da Valente, Carlsson si convince che nel comportamento dell’uomo vi è qualcosa di insolito. Egli asserisce infatti che il farmacista ha parlato con lui in perfetto italiano e, quando l’avvocato gli chiede ulteriori dettagli, egli comincia a piangere e dice: “Devo chiedere alla polizia perché io non lo so.”
A questo punto Carlsson ha la conferma dell’innocenza dei due italiani ma gli occorrono prove. Nel frattempo perviene alla polizia una lettera in cui si comunica che i due italiani, la notte del delitto, si trovavano a Karlbylund, a oltre cento chilometri di distanza da Upplands Väsby. Una ventina di testimoni confermano infatti di aver visto i due suonatori attraversare le vie del paese suonando e suscitando molta curiosità tra gli abitanti. A confermare verbalmente queste dichiarazioni, si presenta nell'aula del tribunale, dove si stava svolgendo il dibattimento, Erik Andersson lo “scabino”, una specie di giudice che vigila sul buon ordine in seno alla comunità. Andersson, un individuo che gode di grande rispetto a Karlbylund, testimonia in favore di Valente e Jaconelli rivelando, tra l’altro, che la notte del delitto, i due avevano dormito nella sua fattoria. Dopo tre ore di serrato interrogatorio, il giudice Hans Rothlieb, rivolgendosi a Erik Andersson, gli dice: “Voi siete un autentico agricoltore svedese tutto d’un pezzo e certamente non avete potuto sbagliarvi.”
“Giuro sulla veridicità di ogni parola che ho detto” - afferma, di rimando e senza esitazione, lo “scabino”.
Dopo una lunga discussione tra il giudice, il pubblico ministero e la difesa, nel corso della quale Teresa Valente viene colta da svenimento, i due suonatori ambulanti italiani vengono messi a piede libero in attesa del processo.
La vecchia Teresa, nell'apprendere la decisione del giudice, si avvicina al podio con l’intenzione di baciargli la mano.
“Non baci me, baci Carlsson” - le dice il magistrato, indicando il difensore del figlio.
Il 2 febbraio 1914 Valente e Jaconelli vengono messi in libertà ma nel frattempo si fanno avanti nuovi testimoni che asseriscono di aver notato la loro presenza a Upplands Väsby. Nuovi interrogatori, nuove scene strazianti tra i parenti dei due accusati e violenti proteste dei membri della comunità italiana, che segue il caso con grande interesse. Il giudice Rothlieb avrebbe voluto rilasciare i due, ma dovette cedere di fronte al verdetto unanime di sospetto di colpevolezza emesso dalla giuria.
Valente e Jaconelli vengono nuovamente arrestati e restano in carcere fino al 9 marzo, quando la corte d’assise, con un verdetto di unanimità, conferma la piena innocenza dei due italiani.
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Il processo fu lungo e complesso e destò enorme eco e un interesse spasmodico nell’opinione pubblica, causando difficoltà e gravi problemi alla sparuta comunità italiana residente. Si registrarono infatti episodi di xenofobia nei confronti degli italiani in tutta la Svezia e, malgrado i due malcapitati venissero assolti con formula piena, gli svedesi continuarono a guardare ancora per un bel po' gli italiani con diffidenza.
In Italia intanto la stampa diede grande risalto al verdetto di assoluzione e all'avvocato Axel Carlsson pervennero centinaia di missive, telegrammi di congratulazioni e inviti da ogni angolo dello stivale. Persino il Pontefice, la figlia di Giuseppe Garibaldi, il premio Nobel per la medicina Camillo Golgi, Guglielmo Marconi, il Nobel per la pace Ernesto Moneta, eminenti politici e personalità della cultura si unirono al coro delle felicitazioni.
Il caso fu risolto dopo molti decenni, quando l’autore, uno svedese, in punto di morte confessò il misfatto.
Dal processo di Valente e Jaconelli scaturì l'espressione Kyss Carlsson - un affermazione ancora oggi molto usata in Svezia quando si vuole manifestare stupore e meraviglia.
Angelo Tajani
Tratto dal volume: "Il miraggio svedese"