Alessandro Moretti è nato a Biella il 16 dicembre del 1870. Dal 1881 diventa piacentino d’adozione, nel 1897 mette piede per la prima volta in Svezia, e qui visse fino alla morte, avvenuta a Stoccolma l’11 agosto del 1952, dove beneficiava di una pensione concessagli dal Re di Svezia. Lontano dall’Italia, Moretti percorse con successo la sua carriera internazionale di grande scultore, celebre e ricercato ritrattista di principi e di re. Il recupero della sua corrispondenza con un ammiratore piacentino, tale Agostino Dodi, ci ha tramandato numerose immagini dell’artista, delle sue opere, del suo ambiente di vita e di lavoro, che sono state esposte nella
mostra Saluti dal Moretti, tenutasi a Piacenza dal 14 dicembre 2013 al 19 gennaio scorso, a cura di BIFFI Arte - Eventi per il XXI secolo, presso il Palazzo Marazzani Visconti. Quelle lettere, quel fitto carteggio con l’amico Dodi hanno riportato alla luce la levità e la vitalità di un talento non comune, e la sua particolare grafia. Certamente non ordinaria: sicuramente artistica e, che si potrebbe definire, in rapporto alla sua produzione, scultorea. Non tutti convengono che la scrittura possa essere specchio dell'anima e del carattere, ma, se si considerano alcune personalità della storia e della cultura, i grafologi | Scrive ancora da Borås; “Qui piove ogni giorno a dirotto ed il cielo è nero come la disperazione! Sono qui, solo, oggi, domenica, nella mia camera d’albergo, linda … e desolata, e penso (da matto) che stavo meglio quando…a Piacenza … stavo peggio!” |
È lo stesso atteggiamento, di un altro grande personaggio italiano, contemporaneo del Moretti, che fu Gabriele d’Annunzio, di cui lo scorso anno si è celebrato il 150° anniversario della nascita (Pescara, 1863).
A proposito della particolare grafia di d’Annunzio, Nicole Boille, presidente dell'Associazione internazionale di ricerca grafologica, ha detto: “La sua scrittura sembra più con lo scalpello che con la penna. La forza della pressione, la modulazione dei chiaro - scuri, conferiscono al ritmo grafico una vera e propria sonorità che nella firma si fa tagliente ed esplosiva”.
Il modo di scrivere, per questi artisti del primo Novecento, rappresentava anch’esso una creazione, la volontà di esprimersi e distinguersi pure nel segno grafico.
È creazione artistica la grafia ricca di filetti aerei e tratti verticali pieni, marcati, nutriti, pastosi, frutto di una pressione ben distribuita. I segni esprimono autonomamente un’energia psichica, una volontà produttiva di chi li imprime, un’affermazione del sé.
La “magnifica anarchia” della grafia del Moretti corrisponde alla scioltezza della sua mano che scolpisce e che crea, mentre si impossessa del sembiante altrui, di donne, marescialli, ecclesiastici, regnanti, principi e uomini di governo.
Prolifico modellatore, con una eccezionale rapidità di esecuzione, nasce la leggenda del Moretti “scandinavo”, capace di plasmare in pochi giorni decine di ritratti.
Scrive da Norrköping: “Devo star qui un paio di giorni … ci sono da un mese e ci feci una ventina di busti!” Oppure: “A Borås feci 44 busti!”
Il desiderio di re e principi di dare alla propria immagine un durata maggiore di quella biologica del proprio destino carnale, procurarono all’artista italiano, oltre a tanto lavoro commissionato, numerosissime onorificenze, di cui andava molto fiero.
Insomma, alla fine dei conti, era diventata la Svezia la sua terra d’adozione, anche se confessava di doversi sforzare spesso per adattarsi ad un clima così lontano da quello italiano.
Scrive ancora da Borås; “Qui piove ogni giorno a dirotto ed il cielo è nero come la disperazione! Sono qui, solo, oggi, domenica, nella mia camera d’albergo, linda … e desolata, e penso (da matto) che stavo meglio quando … a Piacenza … stavo peggio!”.
Silvano Console