La Svezia ha rimosso l'obbligo per i fornitori di servizi di telefonia e connettività di conservare per almeno due anni i dati sensibili di tutti i cittadini che accedono ai servizi di comunicazione telematica tra individui, prima nazione nell'Europa dell'Unione. | Potrebbero interessarti...
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La Corte di Giustizia dell'UE ha infatti invalidato la direttiva europea 2006/24/CE, che decretava per gli stati membri l'imposizione verso i rispettivi provider di connettività e le compagnie telefoniche di conservare fino a un massimo di due anni tutti quei dati tramite i quali è possibile ricostruire l'intera di vita delle persone che accedano a questi servizi, compresi orientamenti politici e sessuali, indipendentemente dall'aver commesso reati o essere sospettati di averne commessi. Una questione molto calda e sempre più nel cuore dei cittadini, nell'era dello scandalo delle intercettazioni totali e globali messe in atto dall'agenzia statunitense Nsa e denunciato dall'ex analista Edward Snowden.
Il provider svedese Bahnhof, già conosciuto per aver offerto il proprio sostegno a iniziative che necessitano di anonimato come Wikileaks, da anni è in prima linea per difendere la privacy di chi naviga su internet. Bahnhof, a poche ore dalla sentenza della Corte di Giustizia ha interrotto la raccolta dei dati dei propri utenti e ha cominciato le procedure di rimozione dei dati accumulati per legge.
Bahnhof ha preso questa decisione in autonomia, perché dopo l'annullamento della direttiva europea si è creato un vuoto legislativo nella UE e le singole legislazioni nazionali in questo momento violano di fatto le disposizioni europee.
E' chiaro, oltre l'adesione ideologica dell'ISP Bahnhof ai movimenti della società civile di tutela della privacy, che la mossa del fornitore svedese cerca anche di prevenire eventuali azioni legali e di risarcimento economico che gli utenti dei servizi potrebbero adesso intentare contro chi continua a raccogliere e detenere quei dati illegalmente.
La Svezia in particolare è finita più volte nel mirino degli attivisti digitali per l'eccesso di zelo nell'applicazione della direttiva appena annullata. Pratiche sconsiderate, come le ha definite parlando con la stampa il CEO di Bahnhof Jon Karlung: "I nostri legislatori impongono che si frughi in questi dati e si consegnino certe informazioni nel momento in cui la polizia, i PM e persino il Fisco le chiedono, anche per questioni di importanza minore. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la sicurezza". Un abuso reso possibile, secondo la Corte di Giustizia che ha abrogato la norma, per il grado di discrezionalità che la direttiva offriva agli stati membri.
Se ha aperto la strada non bisogna però dimenticare che in Svezia la questione è ancora più scottante che nel reso dell'area UE: il giornale Dagens Nyheter lo scorso anno, aveva denunciato che nella "liberale" Svezia almeno tre agenzie statali, quella per i trasporti, quella delle entrate e il National Board of Student Aid (Csn) cedono i dati personali per ricavare un guadagno che nel caso dell’Agenzia per i Trasporti arriva a toccare i 30 milioni di corone all’anno (circa 3,5 milioni di euro). Una fonte dell’Agenzia si era subito affrettata a spiegare: "Noi abbiamo avuto mandato dal governo per vendere i dati".
La linea di difesa adottata dagli enti governativi si era fin qua fondata sul principio che i cittadini svedesi, facendone espressa richiesta, avrebbero potuto richiedere di non essere "spiati". Adesso quei dati, non importa se usati per fini commerciali o di spionaggio politico e giudiziario, dovranno essere distrutti e mai più raccolti. Ma i movimenti per i diritti digitali in Svezia non sono ancora soddisfatti e annunciano altre battaglie per la difesa delle libertà individuali, un tema di cui sentiremo parlare spesso nella campagna per le prossime elezioni politiche.
Gianluca Cicinelli
Il provider svedese Bahnhof, già conosciuto per aver offerto il proprio sostegno a iniziative che necessitano di anonimato come Wikileaks, da anni è in prima linea per difendere la privacy di chi naviga su internet. Bahnhof, a poche ore dalla sentenza della Corte di Giustizia ha interrotto la raccolta dei dati dei propri utenti e ha cominciato le procedure di rimozione dei dati accumulati per legge.
Bahnhof ha preso questa decisione in autonomia, perché dopo l'annullamento della direttiva europea si è creato un vuoto legislativo nella UE e le singole legislazioni nazionali in questo momento violano di fatto le disposizioni europee.
E' chiaro, oltre l'adesione ideologica dell'ISP Bahnhof ai movimenti della società civile di tutela della privacy, che la mossa del fornitore svedese cerca anche di prevenire eventuali azioni legali e di risarcimento economico che gli utenti dei servizi potrebbero adesso intentare contro chi continua a raccogliere e detenere quei dati illegalmente.
La Svezia in particolare è finita più volte nel mirino degli attivisti digitali per l'eccesso di zelo nell'applicazione della direttiva appena annullata. Pratiche sconsiderate, come le ha definite parlando con la stampa il CEO di Bahnhof Jon Karlung: "I nostri legislatori impongono che si frughi in questi dati e si consegnino certe informazioni nel momento in cui la polizia, i PM e persino il Fisco le chiedono, anche per questioni di importanza minore. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la sicurezza". Un abuso reso possibile, secondo la Corte di Giustizia che ha abrogato la norma, per il grado di discrezionalità che la direttiva offriva agli stati membri.
Se ha aperto la strada non bisogna però dimenticare che in Svezia la questione è ancora più scottante che nel reso dell'area UE: il giornale Dagens Nyheter lo scorso anno, aveva denunciato che nella "liberale" Svezia almeno tre agenzie statali, quella per i trasporti, quella delle entrate e il National Board of Student Aid (Csn) cedono i dati personali per ricavare un guadagno che nel caso dell’Agenzia per i Trasporti arriva a toccare i 30 milioni di corone all’anno (circa 3,5 milioni di euro). Una fonte dell’Agenzia si era subito affrettata a spiegare: "Noi abbiamo avuto mandato dal governo per vendere i dati".
La linea di difesa adottata dagli enti governativi si era fin qua fondata sul principio che i cittadini svedesi, facendone espressa richiesta, avrebbero potuto richiedere di non essere "spiati". Adesso quei dati, non importa se usati per fini commerciali o di spionaggio politico e giudiziario, dovranno essere distrutti e mai più raccolti. Ma i movimenti per i diritti digitali in Svezia non sono ancora soddisfatti e annunciano altre battaglie per la difesa delle libertà individuali, un tema di cui sentiremo parlare spesso nella campagna per le prossime elezioni politiche.
Gianluca Cicinelli