Samuele Caldognetto ama il suo lavoro. Samuele è un regista teatrale, e considerando la passione che traspare sentendolo parlare del suo lavoro, non avrebbe potuto fare altro nella vita. Vive a Stoccolma da più di un anno, cioè da quando, biglietto di sola andata alla mano, lascia la sua milano per la Svezia. Lo scorso settembre ha portato in scena 4:48 Psychosis, di Sarah Kane.
Che cos’è 4:48 Psychosis?
Che cos’è 4:48 Psychosis?
- 4:48 Pychosis è un lavoro complesso e affascinante di sceneggiatura e introspezione. E’un’opera scritta da Sarah Kane, un’autrice inglese morta suicida nel 1999. Il suicidio è, direi, il luogo cardine dell’opera. E’, infatti, alle 4:48 del mattino che le persone, dati alla mano, commettono più frequentemente suicidio. Ma 4:48 è soprattutto una finestra che si apre dentro la protagonista. Il suicidio altro non è che un cavallo di Troia che fa breccia in un animo lacerato, che vive in un continuo, fragile gioco di sbilanciamenti tra pazzia e normalità. Le sequenze narrative, l’ordine spazio-temporale, il linguaggio, insomma direi il naturale ordine delle vicende viene sommerso sotto una tempesta di parole e pensieri che esplodono con rabbia dalla pancia della protagonista.
Quanto impegno c’è dietro questa rappresentazione?
– Tanto! devo ammettere che sono stato fortunato con il gruppo che con cui ho lavorato. Kristina Leon, la protagonista del monologo, è davvero straordinaria. rappresentare sul palco una discesa direi quasi agli inferi come quella che si trova in 4:48 è davvero un lavoro complesso. Ma come dicevo Kristina ha dimostrato di essere all’altezza. Un lavoro come questo vive, giocoforza, nella voce, nella capacità espressiva della protagonista. Lei ha reso giustizia al personaggio dandogli una forza nuova, una vivacità che io, devo dire, trovo il vero punto di forza del nostro lavoro. Abbiamo cercato un vero e proprio dialogo con l’autrice tentando di andare oltre lo stereotipo della scrittrice, finita lei stessa tragicamente, che si interroga sul suicidio.
E cosa avete letto oltre le righe, chi era Sarah Kane?
- Una donna straordinaria, innanzitutto. Un’intellettuale che non finisce mai di interrogarsi sul
significato delle cose. La riflessione su cos’è folle, cos’è normale in lei raggiunge, io credo, lo zenit. Bisogna considerare che Sarah muore suicida nel 1999 in un centro di cura mentale. In lei l’arte e la vita si sono fuse in un tutt’uno inscindibile.
Da dove vengono gli altri ragazzi che collaborano a questa rappresentazione?
- Un po’ da tutte le parti! (ride ndr.). Svedesi, inglesi, italiani...possiamo dire che a Bruxelles sarebbero fieri di noi se ci venissero a vedere! Abbiamo fatto l’Unione Europea del teatro!
Perché, tra tanti paesi in Europa, hai scelto proprio la Svezia?
- Sono venuto in Svezia, per la prima volta, anni fa. Mi sono reso conto, da subito, che si trattava di un paese molto portato a dare voce agli artisti emergenti. Diciamo che inizialmente ho riposto queste impressioni da parte, in un cantuccio. Poi come un’epifania è arrivata l’idea del trasferimento. Un’idea che cresceva in maniera direttamente proporzionale alle difficoltà che incontravo nel poter fare il mio lavoro in Italia. Decidere di lasciare la propria città, il proprio paese. La propria lingua, non è mai facile. Ma, ad oggi, non posso dire di essermi pentito di aver scelto Stoccolma.
E che lingua usate per comunicare fra di voi?
L’inglese. Anche 4:48 viene rappresentato in inglese. Del resto è la lingua in cui è stato scritto. Una lingua che, particolare di non secondaria importanza, il pubblico svedese è in grado di capire.
A cura di Iacopo Vannicelli
Quanto impegno c’è dietro questa rappresentazione?
– Tanto! devo ammettere che sono stato fortunato con il gruppo che con cui ho lavorato. Kristina Leon, la protagonista del monologo, è davvero straordinaria. rappresentare sul palco una discesa direi quasi agli inferi come quella che si trova in 4:48 è davvero un lavoro complesso. Ma come dicevo Kristina ha dimostrato di essere all’altezza. Un lavoro come questo vive, giocoforza, nella voce, nella capacità espressiva della protagonista. Lei ha reso giustizia al personaggio dandogli una forza nuova, una vivacità che io, devo dire, trovo il vero punto di forza del nostro lavoro. Abbiamo cercato un vero e proprio dialogo con l’autrice tentando di andare oltre lo stereotipo della scrittrice, finita lei stessa tragicamente, che si interroga sul suicidio.
E cosa avete letto oltre le righe, chi era Sarah Kane?
- Una donna straordinaria, innanzitutto. Un’intellettuale che non finisce mai di interrogarsi sul
significato delle cose. La riflessione su cos’è folle, cos’è normale in lei raggiunge, io credo, lo zenit. Bisogna considerare che Sarah muore suicida nel 1999 in un centro di cura mentale. In lei l’arte e la vita si sono fuse in un tutt’uno inscindibile.
Da dove vengono gli altri ragazzi che collaborano a questa rappresentazione?
- Un po’ da tutte le parti! (ride ndr.). Svedesi, inglesi, italiani...possiamo dire che a Bruxelles sarebbero fieri di noi se ci venissero a vedere! Abbiamo fatto l’Unione Europea del teatro!
Perché, tra tanti paesi in Europa, hai scelto proprio la Svezia?
- Sono venuto in Svezia, per la prima volta, anni fa. Mi sono reso conto, da subito, che si trattava di un paese molto portato a dare voce agli artisti emergenti. Diciamo che inizialmente ho riposto queste impressioni da parte, in un cantuccio. Poi come un’epifania è arrivata l’idea del trasferimento. Un’idea che cresceva in maniera direttamente proporzionale alle difficoltà che incontravo nel poter fare il mio lavoro in Italia. Decidere di lasciare la propria città, il proprio paese. La propria lingua, non è mai facile. Ma, ad oggi, non posso dire di essermi pentito di aver scelto Stoccolma.
E che lingua usate per comunicare fra di voi?
L’inglese. Anche 4:48 viene rappresentato in inglese. Del resto è la lingua in cui è stato scritto. Una lingua che, particolare di non secondaria importanza, il pubblico svedese è in grado di capire.
A cura di Iacopo Vannicelli