Foto: FAIS/GZ
In una fredda ma luminosissima mattina di questa primavera che tarda a venire mi sono recato a Waldermarshudde dove sorge il magnifico palazzo che ospita l'ambasciata d'Italia. L'occasione era quella di incontrare la signora Elena Basile, nuovo ambasciatore di Italia in Svezia. Elena Basile è una signora napoletana alla sua prima esperienza come ambasciatore, è anche molto più giovane dei suoi predecessori, segno di un cambiamento, in positivo, nella burocrazia ministeriale.
La settimana scorsa lei ha presentato le sue credenziali nelle mani di Sua Maestà il re di Svezia ed è ora ufficialmente Ambasciatore d'Italia. È la prima volta che lei ricopre questa carica, cosa prova? Sicuramente è un onore che mi riempie di orgoglio, poter servire l’Italia come Ambasciatore. Ho lavorato nella diplomazia per molti anni e conosco il lavoro bilaterale abbastanza bene. L’incarico di Ambasciatore e’ in fondo il naturale sbocco di anni di carriera che ci preparano a questo compito. Le sfide sono molteplici, da parte mia c’e’ impegno ed entusiasmo. Insieme alle altre Istituzioni del sistema Italia, con gli italiani e con gli svedesi, spero potremo fare un ottimo lavoro. |
A me pare che lei non mostri quell'aplomb istituzionale e burocratico che magari ci si aspetta da un ambasciatore. Lei è molto aperta e spontanea nei suoi giudizi mi sembra. Grazie. Diciamo che alla Farnesina è in atto un cambiamento generazionale, gli Ambasciatori ultra sessantenni sono gradualmente sostituiti dai colleghi meno anziani, per carità non dai giovani perché anche noi siamo cinquantenni ed in altre nazioni saremmo considerati dei matusalemme. Lasciando gli scherzi da parte, devo dire che non amo le generalizzazioni. Vecchi o giovani, ci sono persone competenti che lavorano e persone che si impegnano meno o non hanno talento. | "Quello che possiamo chiederci, come diceva il Presidente Kennedy, non è quanto lo Stato può fare per noi ma quanto noi possiamo fare per noi stessi e per lo Stato, per la società italiana. La chiave forse è nell'avere programmi concreti, progetti specifici intorno ai quali attivare la partecipazione delle associazioni, di generazioni differenti, di settori di comunità variegati che hanno bisogno di dialogare maggiormente" |
È vero tuttavia che la Farnesina, come la società italiana mutano, si adeguano ai tempi. La diplomazia non è e non deve essere espressione di aristocratici o di burocrati separati dalla realtà ed isolati in un modo fittizio. L’Ambasciatore oggi è un manager, che svolge il suo mestiere insieme agli altri, alle imprese, alle istituzioni culturali locali, alla comunità italiana e svedese, senza barriere artificiali ed anacronistici snobismi. Non siamo e non dobbiamo essere autoreferenziali ma catalizzatori di energie che esistono e che possono dare ottimi risultati.
Laura Boldrini, appena eletta ha puntando il dito sulle “donne che subiscono violenza travestita d'amore”. Qual'è il suo pensiero?
Purtroppo la violenza domestica a cui si riferisce il Presidente della Camera è una piaga in Italia ed in altri Paesi europei,anche in Svezia che per molti aspetti ha raggiunto la parità di genere.
È necessaria innanzitutto un'attività di prevenzione. Il settore dell’educazione è prioritario. Bisogna lavorare con gli studenti, già con i bambini alle scuole primarie per evitare che atteggiamenti maschilisti prevalgano e ci si abitui a considerare la donna subalterna, da ridurre alla sottomissione con la violenza. È inoltre importante il lavoro di assistenza a favore delle vittime, per riparare ai danni già arrecati e reintegrare le donne offese con un aiuto psicologico nella società, dando loro la possibilità di avere nuovamente fiducia. È un lavoro immenso che le Istituzioni e le associazioni portano avanti mirabilmente in Italia come in Svezia.
La rivoluzione culturale che negli anni sessanta è esplosa come movimento di liberazione della donna (e dei costumi più in generale) ha raggiunto obiettivi importanti ma il percorso è ancora lungo. La mancanza di comunicazione tra i sessi esiste ed è pericolosa. Se è necessario abbattere ruoli ormai anacronistici, resta il problema dell'identità del femminile e del maschile che è a mio avviso rimane alla base di un’interazione più profonda.
Come diceva Antonio Gramsci, sarà giusta la società nella quale uomini e donne si rapporteranno tra loro in quanto individui. Il problema è tuttavia di grande complessità e non può essere risolto soltanto con schemi razionali. Alle battaglie politiche per la parità, per i diritti fondamentali delle donne, per me importantissime e irrinunciabili, va anche affiancata una riflessione di carattere più filosofico sull'identità della donna e il suo volersi porre come soggetto nella Storia.
Devo dire che come diplomatico mi sono molto spesso trovata in contatto con gli italiani all'estero ed ho avuto un sincero sentimento di ammirazione. Sono stata in Nord America, ad esempio, e le storie dell’emigrazione, l’eroismo e la solidarietà di una comunità che in un ambiente non facile è riuscita ad integrarsi mi hanno profondamente commosso. Potrei dire lo stesso per la Svezia. L’emigrazione del dopoguerra composta da operai e braccianti che senza conoscere la lingua ha saputo gradualmente integrarsi, farsi rispettare, difendere l’immagine dell’Italia, con il lavoro onesto e le tante storie di successo, nel business, nel giornalismo nella cultura. Hanno mandato i figli a scuola con immensi sacrifici ed ora siamo alla terza generazione di immigrati,integrati, svedesizzati ma anche in grado di amare le proprie radici, di avere quella personalità più ricca, di colui che partecipa di culture differenti.
Se l’Italia è apprezzata all’estero per la gastronomia, la moda, il design è anche grazie alle comunità italiane all’estero. L’ultima generazione di immigrati ci aiuta difendere anche un’immagine differente, di un Paese con le sue eccellenze nella meccanica e la robotica, nella ricerca di base, capace di innovazione dei settori prodotti e di applicare le nuove tecnologie ai settori maturi. Oggi il flusso di nuovi arrivi italiani in Svezia è consistente, è composto da laureati, ricercatori, che occupano posti importanti nelle istituzioni universitarie e culturali locali. Costituiscono un network a noi indispensabile. La comunità italiana è uno strumento fondamentale della nostra politica estera. Senza gli italiani all'estero non avremmo l'”asset” che abbiamo e possiamo utilizzare. Spero in una comunità unita, che si muova come lobby, e insieme alle Istituzioni del sistema Italia lavori su progetti comuni al fine di valorizzare l’immagine del nostro Paese all’estero.
Molte di queste associazioni ed anche la federazione degli italiani all'estero, un tempo ricevevano degli aiuti economici dall'Italia. Ora non più. I fondi MAE sono spariti per esempio e il sostegno alla stampa all'estero c'è ancora ma è sempre insicuro e minacciato di forte ridimensionamento. Inoltre il bisogno di associazionismo è molto cambiato, ed oggi pare non ci sia un vero ricambio generazionale.
Credo che l'associazionismo abbia svolto una funzione fondamentale legata ad un determinato periodo storico ed ad uno speciale tipo di immigrazione. Purtroppo i contributi statali, pubblici, non solo in questo settore ma in tanti altri, sono una voce in fase decrescente. Abbiamo un debito molto elevato e attraversiamo un periodo di delicata transizione. Come lei sa meglio di me, i tagli ai fondi pubblici sono ormai una costante della politica economica , non solo in Italia, ma in Europa, anche qui in Svezia. Il problema è di adeguarsi alla realtà, di non rifiutarla. Dobbiamo cercare nuove strade, nuovi strumenti per sostenere i progetti in cui crediamo. La partnership tra il pubblico ed il privato, le sponsorizzazioni sono essenziali . Quello che possiamo chiederci, come diceva il Presidente Kennedy, non è quanto lo Stato può fare per noi ma quanto noi possiamo fare per noi stessi e per lo Stato, per la società italiana. La chiave forse è nell’avere programmi concreti, progetti specifici intorno ai quali attivare la partecipazione delle associazioni, di generazioni differenti, di settori di comunità variegati che hanno bisogno di dialogare maggiormente. Le associazioni, gli uomini d’affari di successo e ben introdotti, i ricercatori sono per le Istituzioni del sistema Italia, dall’Ambasciata, all’ICE, alla Camera di Commercio, all’Enit, all’Istituto di Cultura, un ponte verso la società svedese. Mi piace pensare ad una comunità italiana dinamica e aperta, variegata e creativa come è.
Molte di queste associazioni ed anche la federazione degli italiani all'estero, un tempo ricevevano degli aiuti economici dall'Italia. Ora non più. I fondi MAE sono spariti per esempio e il sostegno alla stampa all'estero c'è ancora ma è sempre insicuro e minacciato di forte ridimensionamento. Inoltre il bisogno di associazionismo è molto cambiato, ed oggi pare non ci sia un vero ricambio generazionale.
Credo che l'associazionismo abbia svolto una funzione fondamentale legata ad un determinato periodo storico ed ad uno speciale tipo di immigrazione. Purtroppo i contributi statali, pubblici, non solo in questo settore ma in tanti altri, sono una voce in fase decrescente. Abbiamo un debito molto elevato e attraversiamo un periodo di delicata transizione. Come lei sa meglio di me, i tagli ai fondi pubblici sono ormai una costante della politica economica , non solo in Italia, ma in Europa, anche qui in Svezia. Il problema è di adeguarsi alla realtà, di non rifiutarla. Dobbiamo cercare nuove strade, nuovi strumenti per sostenere i progetti in cui crediamo. La partnership tra il pubblico ed il privato, le sponsorizzazioni sono essenziali . Quello che possiamo chiederci, come diceva il Presidente Kennedy, non è quanto lo Stato può fare per noi ma quanto noi possiamo fare per noi stessi e per lo Stato, per la società italiana. La chiave forse è nell'avere programmi concreti, progetti specifici intorno ai quali attivare la partecipazione delle associazioni, di generazioni differenti, di settori di comunità variegati che hanno bisogno di dialogare maggiormente. Le associazioni, gli uomini d’affari di successo e ben introdotti, i ricercatori sono per le Istituzioni del sistema Italia, dall’Ambasciata, all’ICE, alla Camera di Commercio, all'Enit, all’Istituto di Cultura, un ponte verso la società svedese. Mi piace pensare ad una comunità italiana dinamica e aperta, variegata e creativa come è.
Molte donne sono iscritte alle associazioni che fanno parte della FAIS. Però poche sono quelle veramente attive. Certo lei dirà che questo può dipendere da una scelta “maschile”, che le mette da parte, ma a volte sembra che le donne, con le molte eccezioni naturalmente, siano in ogni caso meno interessate, sembra più difficile per loro. Lei come ambasciatore e come donna cosciente della realtà al femminile potrebbe fare molto per sensibilizzarle, non crede?
Lo farò senz'altro ogni volta che ne avrò occasione. Ma sono convinta che bisogna sempre domandarsi le ragioni di un fenomeno. Non basta denunciare un male bisogna comprenderlo per poterlo combattere. Dobbiamo chiedere direttamente alle donne perché l’attivismo nelle associazioni sia per loro più difficile. Forse c'è bisogno di progetti che siano più vicini alla loro realtà, forse ci sono problemi di democrazia interna che andrebbero sanati. Passando ad un esempio di diversa natura, se è bene denunciare il populismo crescente in Italia come in Europa, bisognerebbe, tuttavia, meglio analizzarne le cause per poter correre ai ripari. Bisogna ristabilire un rapporto di fiducia tra Istituzioni e cittadini ai quali va spiegato che i sacrifici sono necessari, le riforme strutturali anche, ma essi non sono soli. L’Europa può e deve fare di più per la crescita, per completare la sua unità economica, la sua governance monetaria, lo stesso mercato interno restato incompiuto. L’UE deve attuare il disegno nato a Maastricht ed avere un’ ambizione maggiore. Un' Europa unita e federale che i cittadini percepiscano più vicina, con Istituzioni più forti e democraticamente legittimate, potrebbe contribuire ad una partecipazione politica dei cittadini più sentita e razionale, eliminando gli effetti deleteri del populismo.
La distanza tra cittadini ed istituzioni non è un problema recente. Ero ancora una liceale e già allora, ricordo, la stampa denunciava la crisi della politica. Anche allora avevamo forti carenze di leadership, corruzione, criminalità organizzata. Ci dovrebbe, tuttavia, consolare che a prescindere dai mali della politica, l’Italia è sempre riuscita a rinascere, a superare i momenti più ardui, in virtù anche di una società civile che lavora ed è onesta, al dinamismo e alla creatività delle nostre aziende, ad una forza lavoro altamente qualificata. Siamo la seconda manifattura in Europa, siamo all'avanguardia nel design, nella moda, nella gastronomia, nella cultura ed abbiamo eccellenze, come accennavo, anche nella robotica, nella ricerca di base, nell’innovazione scientifica e tecnologica. I nostri distretti industriali sono stati un modello. Dovremmo concentrarci sui lati positivi, prendere esempio dai popoli nordici che con dignità evitano i facili pessimismi e sono pronti alla difesa del loro sistema, dei suoi aspetti migliori.
Lei è scrittrice, lei è molto interessata alla cultura e alle espressioni artistiche. Ma se in molti paesi come per esempio la Francia la cultura diventa il modo di presentare la propria realtà ed il proprio volto all'estero, in Italia, ma anche in Svezia, la cultura è considerata come un bene di lusso o come qualcosa che viene sempre dopo tutte le altre cose.
Sì, dovremmo imparare dai francesi, la politica culturale è alla base della nostra politica estera. Il problema è che, nonostante l'Italia sia un paese con un patrimonio culturale che tutti ci invidiano, mancano le risorse economiche da investire in ambiziosi eventi culturali in grado di raggiungere il grande pubblico. Con l’Istituto di Cultura vorrei che trovassimo maggiori agganci con le istituzioni culturali locali in modo da utilizzare le sinergie necessarie alla creazione di eventi di maggiore respiro. Un Istituto di cultura per la comunità italiana ma impegnato anche nel dialogo con la società svedese, magari luogo di attrazione ed ispirazione dell'intellighenzia locale ed italiana. La comunità italiana se agisce unita, ed è aperta alle nuove realtà può svolgere un ruolo essenziale di ponte verso la società svedese Il futuro ci riserva società multietniche e multiculturali. La comunità italiana in Svezia che partecipa di culture e lingue differenti rappresenta uno straordinario valore aggiunto per l'attività dell’Ambasciata e delle altre istituzioni del Sistema Italia. Lei ha fatto accenno alla mia attività di scrittrice a cui ho potuto dedicarmi nei momenti di maggiore libertà dal lavoro, e che mi è molto cara. La scrittura mi ha permesso un dialogo interiore essenziale al fine di mantenere un centro da cui guardare al mondo, al fine di ricondurre ad un comune denominatore le esperienze così differenti che la carriera diplomatica mi ha apportato. Abbandonare gli affetti e le radici non è mai semplice. Per una donna può essere anche più difficile. Nella letteratura ho trovato uno strumento prezioso per interpretare il vissuto e ricondurlo ad unità.
Intervista a cura di Guido Zeccola
Laura Boldrini, appena eletta ha puntando il dito sulle “donne che subiscono violenza travestita d'amore”. Qual'è il suo pensiero?
Purtroppo la violenza domestica a cui si riferisce il Presidente della Camera è una piaga in Italia ed in altri Paesi europei,anche in Svezia che per molti aspetti ha raggiunto la parità di genere.
È necessaria innanzitutto un'attività di prevenzione. Il settore dell’educazione è prioritario. Bisogna lavorare con gli studenti, già con i bambini alle scuole primarie per evitare che atteggiamenti maschilisti prevalgano e ci si abitui a considerare la donna subalterna, da ridurre alla sottomissione con la violenza. È inoltre importante il lavoro di assistenza a favore delle vittime, per riparare ai danni già arrecati e reintegrare le donne offese con un aiuto psicologico nella società, dando loro la possibilità di avere nuovamente fiducia. È un lavoro immenso che le Istituzioni e le associazioni portano avanti mirabilmente in Italia come in Svezia.
La rivoluzione culturale che negli anni sessanta è esplosa come movimento di liberazione della donna (e dei costumi più in generale) ha raggiunto obiettivi importanti ma il percorso è ancora lungo. La mancanza di comunicazione tra i sessi esiste ed è pericolosa. Se è necessario abbattere ruoli ormai anacronistici, resta il problema dell'identità del femminile e del maschile che è a mio avviso rimane alla base di un’interazione più profonda.
Come diceva Antonio Gramsci, sarà giusta la società nella quale uomini e donne si rapporteranno tra loro in quanto individui. Il problema è tuttavia di grande complessità e non può essere risolto soltanto con schemi razionali. Alle battaglie politiche per la parità, per i diritti fondamentali delle donne, per me importantissime e irrinunciabili, va anche affiancata una riflessione di carattere più filosofico sull'identità della donna e il suo volersi porre come soggetto nella Storia.
Devo dire che come diplomatico mi sono molto spesso trovata in contatto con gli italiani all'estero ed ho avuto un sincero sentimento di ammirazione. Sono stata in Nord America, ad esempio, e le storie dell’emigrazione, l’eroismo e la solidarietà di una comunità che in un ambiente non facile è riuscita ad integrarsi mi hanno profondamente commosso. Potrei dire lo stesso per la Svezia. L’emigrazione del dopoguerra composta da operai e braccianti che senza conoscere la lingua ha saputo gradualmente integrarsi, farsi rispettare, difendere l’immagine dell’Italia, con il lavoro onesto e le tante storie di successo, nel business, nel giornalismo nella cultura. Hanno mandato i figli a scuola con immensi sacrifici ed ora siamo alla terza generazione di immigrati,integrati, svedesizzati ma anche in grado di amare le proprie radici, di avere quella personalità più ricca, di colui che partecipa di culture differenti.
Se l’Italia è apprezzata all’estero per la gastronomia, la moda, il design è anche grazie alle comunità italiane all’estero. L’ultima generazione di immigrati ci aiuta difendere anche un’immagine differente, di un Paese con le sue eccellenze nella meccanica e la robotica, nella ricerca di base, capace di innovazione dei settori prodotti e di applicare le nuove tecnologie ai settori maturi. Oggi il flusso di nuovi arrivi italiani in Svezia è consistente, è composto da laureati, ricercatori, che occupano posti importanti nelle istituzioni universitarie e culturali locali. Costituiscono un network a noi indispensabile. La comunità italiana è uno strumento fondamentale della nostra politica estera. Senza gli italiani all'estero non avremmo l'”asset” che abbiamo e possiamo utilizzare. Spero in una comunità unita, che si muova come lobby, e insieme alle Istituzioni del sistema Italia lavori su progetti comuni al fine di valorizzare l’immagine del nostro Paese all’estero.
Molte di queste associazioni ed anche la federazione degli italiani all'estero, un tempo ricevevano degli aiuti economici dall'Italia. Ora non più. I fondi MAE sono spariti per esempio e il sostegno alla stampa all'estero c'è ancora ma è sempre insicuro e minacciato di forte ridimensionamento. Inoltre il bisogno di associazionismo è molto cambiato, ed oggi pare non ci sia un vero ricambio generazionale.
Credo che l'associazionismo abbia svolto una funzione fondamentale legata ad un determinato periodo storico ed ad uno speciale tipo di immigrazione. Purtroppo i contributi statali, pubblici, non solo in questo settore ma in tanti altri, sono una voce in fase decrescente. Abbiamo un debito molto elevato e attraversiamo un periodo di delicata transizione. Come lei sa meglio di me, i tagli ai fondi pubblici sono ormai una costante della politica economica , non solo in Italia, ma in Europa, anche qui in Svezia. Il problema è di adeguarsi alla realtà, di non rifiutarla. Dobbiamo cercare nuove strade, nuovi strumenti per sostenere i progetti in cui crediamo. La partnership tra il pubblico ed il privato, le sponsorizzazioni sono essenziali . Quello che possiamo chiederci, come diceva il Presidente Kennedy, non è quanto lo Stato può fare per noi ma quanto noi possiamo fare per noi stessi e per lo Stato, per la società italiana. La chiave forse è nell’avere programmi concreti, progetti specifici intorno ai quali attivare la partecipazione delle associazioni, di generazioni differenti, di settori di comunità variegati che hanno bisogno di dialogare maggiormente. Le associazioni, gli uomini d’affari di successo e ben introdotti, i ricercatori sono per le Istituzioni del sistema Italia, dall’Ambasciata, all’ICE, alla Camera di Commercio, all’Enit, all’Istituto di Cultura, un ponte verso la società svedese. Mi piace pensare ad una comunità italiana dinamica e aperta, variegata e creativa come è.
Molte di queste associazioni ed anche la federazione degli italiani all'estero, un tempo ricevevano degli aiuti economici dall'Italia. Ora non più. I fondi MAE sono spariti per esempio e il sostegno alla stampa all'estero c'è ancora ma è sempre insicuro e minacciato di forte ridimensionamento. Inoltre il bisogno di associazionismo è molto cambiato, ed oggi pare non ci sia un vero ricambio generazionale.
Credo che l'associazionismo abbia svolto una funzione fondamentale legata ad un determinato periodo storico ed ad uno speciale tipo di immigrazione. Purtroppo i contributi statali, pubblici, non solo in questo settore ma in tanti altri, sono una voce in fase decrescente. Abbiamo un debito molto elevato e attraversiamo un periodo di delicata transizione. Come lei sa meglio di me, i tagli ai fondi pubblici sono ormai una costante della politica economica , non solo in Italia, ma in Europa, anche qui in Svezia. Il problema è di adeguarsi alla realtà, di non rifiutarla. Dobbiamo cercare nuove strade, nuovi strumenti per sostenere i progetti in cui crediamo. La partnership tra il pubblico ed il privato, le sponsorizzazioni sono essenziali . Quello che possiamo chiederci, come diceva il Presidente Kennedy, non è quanto lo Stato può fare per noi ma quanto noi possiamo fare per noi stessi e per lo Stato, per la società italiana. La chiave forse è nell'avere programmi concreti, progetti specifici intorno ai quali attivare la partecipazione delle associazioni, di generazioni differenti, di settori di comunità variegati che hanno bisogno di dialogare maggiormente. Le associazioni, gli uomini d’affari di successo e ben introdotti, i ricercatori sono per le Istituzioni del sistema Italia, dall’Ambasciata, all’ICE, alla Camera di Commercio, all'Enit, all’Istituto di Cultura, un ponte verso la società svedese. Mi piace pensare ad una comunità italiana dinamica e aperta, variegata e creativa come è.
Molte donne sono iscritte alle associazioni che fanno parte della FAIS. Però poche sono quelle veramente attive. Certo lei dirà che questo può dipendere da una scelta “maschile”, che le mette da parte, ma a volte sembra che le donne, con le molte eccezioni naturalmente, siano in ogni caso meno interessate, sembra più difficile per loro. Lei come ambasciatore e come donna cosciente della realtà al femminile potrebbe fare molto per sensibilizzarle, non crede?
Lo farò senz'altro ogni volta che ne avrò occasione. Ma sono convinta che bisogna sempre domandarsi le ragioni di un fenomeno. Non basta denunciare un male bisogna comprenderlo per poterlo combattere. Dobbiamo chiedere direttamente alle donne perché l’attivismo nelle associazioni sia per loro più difficile. Forse c'è bisogno di progetti che siano più vicini alla loro realtà, forse ci sono problemi di democrazia interna che andrebbero sanati. Passando ad un esempio di diversa natura, se è bene denunciare il populismo crescente in Italia come in Europa, bisognerebbe, tuttavia, meglio analizzarne le cause per poter correre ai ripari. Bisogna ristabilire un rapporto di fiducia tra Istituzioni e cittadini ai quali va spiegato che i sacrifici sono necessari, le riforme strutturali anche, ma essi non sono soli. L’Europa può e deve fare di più per la crescita, per completare la sua unità economica, la sua governance monetaria, lo stesso mercato interno restato incompiuto. L’UE deve attuare il disegno nato a Maastricht ed avere un’ ambizione maggiore. Un' Europa unita e federale che i cittadini percepiscano più vicina, con Istituzioni più forti e democraticamente legittimate, potrebbe contribuire ad una partecipazione politica dei cittadini più sentita e razionale, eliminando gli effetti deleteri del populismo.
La distanza tra cittadini ed istituzioni non è un problema recente. Ero ancora una liceale e già allora, ricordo, la stampa denunciava la crisi della politica. Anche allora avevamo forti carenze di leadership, corruzione, criminalità organizzata. Ci dovrebbe, tuttavia, consolare che a prescindere dai mali della politica, l’Italia è sempre riuscita a rinascere, a superare i momenti più ardui, in virtù anche di una società civile che lavora ed è onesta, al dinamismo e alla creatività delle nostre aziende, ad una forza lavoro altamente qualificata. Siamo la seconda manifattura in Europa, siamo all'avanguardia nel design, nella moda, nella gastronomia, nella cultura ed abbiamo eccellenze, come accennavo, anche nella robotica, nella ricerca di base, nell’innovazione scientifica e tecnologica. I nostri distretti industriali sono stati un modello. Dovremmo concentrarci sui lati positivi, prendere esempio dai popoli nordici che con dignità evitano i facili pessimismi e sono pronti alla difesa del loro sistema, dei suoi aspetti migliori.
Lei è scrittrice, lei è molto interessata alla cultura e alle espressioni artistiche. Ma se in molti paesi come per esempio la Francia la cultura diventa il modo di presentare la propria realtà ed il proprio volto all'estero, in Italia, ma anche in Svezia, la cultura è considerata come un bene di lusso o come qualcosa che viene sempre dopo tutte le altre cose.
Sì, dovremmo imparare dai francesi, la politica culturale è alla base della nostra politica estera. Il problema è che, nonostante l'Italia sia un paese con un patrimonio culturale che tutti ci invidiano, mancano le risorse economiche da investire in ambiziosi eventi culturali in grado di raggiungere il grande pubblico. Con l’Istituto di Cultura vorrei che trovassimo maggiori agganci con le istituzioni culturali locali in modo da utilizzare le sinergie necessarie alla creazione di eventi di maggiore respiro. Un Istituto di cultura per la comunità italiana ma impegnato anche nel dialogo con la società svedese, magari luogo di attrazione ed ispirazione dell'intellighenzia locale ed italiana. La comunità italiana se agisce unita, ed è aperta alle nuove realtà può svolgere un ruolo essenziale di ponte verso la società svedese Il futuro ci riserva società multietniche e multiculturali. La comunità italiana in Svezia che partecipa di culture e lingue differenti rappresenta uno straordinario valore aggiunto per l'attività dell’Ambasciata e delle altre istituzioni del Sistema Italia. Lei ha fatto accenno alla mia attività di scrittrice a cui ho potuto dedicarmi nei momenti di maggiore libertà dal lavoro, e che mi è molto cara. La scrittura mi ha permesso un dialogo interiore essenziale al fine di mantenere un centro da cui guardare al mondo, al fine di ricondurre ad un comune denominatore le esperienze così differenti che la carriera diplomatica mi ha apportato. Abbandonare gli affetti e le radici non è mai semplice. Per una donna può essere anche più difficile. Nella letteratura ho trovato uno strumento prezioso per interpretare il vissuto e ricondurlo ad unità.
Intervista a cura di Guido Zeccola