Foto Zeccola/FAIS
Incontrare Francesco Saverio Alonzo o Saw Alonzo come si fa chiamare qui in Svezia quando scrive libri, è sempre un piacere che riempie l’anima di sentimenti veri, autentici. Sentimenti antichi e forse per questo mai superficiali. Pensieri profondi, ironie argute che non lasciano spazio alla retorica e all’accademia. In una calda giornata della nostra bella estate ho incontrato l’amico Francesco Saverio per una piacevolissima intervista sulla vita che sempre trionfa sulla morte ed il dolore.
Francesco Saverio Alonzo è scrittore, giornalista, pittore. Vive in Svezia da tanti anni. Da quando?
- Dal 1957. Venni qui come corrispondente de Il Resto del Carlino per scrivere sul referendum delle pensioni di servizio. Poi una volta presi i contatti con il ministero degli esteri venni a sapere che la pensione ATP già esisteva, e allora il direttore del giornale che all’epoca era Italo Pietra mi disse: OK scrivi su qualche biondina allora… dopo poco incontrai mia moglie, mi misi d’accordo con il giornale e restai qui. Ora ho messo su famiglia, ho figli, nipoti e pronipoti. Ma nel 1974 fui chiamato dal Corriere della sera e rimasi in Italia fino alla fine del 1978. Avevamo problemi per le scuole dei nostri figli ed allora preferii tornare in Svezia. C’era un grande interesse per il Nord Europa a quel tempo in Italia.
Anche per Olof Palme e le sue posizioni non ortodosse in politica estera…
- Si c’era una querelle tra la Svezia e gli USA a proposito della guerra in Vietnam. Un rapporto freddo, glaciale tra due nazioni per molti versi abbastanza simili. Fu la Svezia ad incoraggiare i disertori americani a venirsi a stabilire qui. Poi la Svezia fece anche da intermediaria con l’aiuto di Ted Kennedy per lo scambio di prigionieri, quindi erano notizie interessanti per l’Italia dove c’erano due posizioni contrapposte ed estreme. Da una parte una posizione pro americana e dall’altra quella pro comunista. Invece questo esempio di mediazione chiaro e coraggioso della Svezia gettava luce sulla verità della guerra. C’era anche interesse per l’esperimento sociale in Svezia. Fu coniato un termine da me spesso usato: la sociomobile. Vale a dire la società che pur avendo delineato dei punti saldi per quello che intendeva come Welfare, non si fermava a questo. Ma si adeguava ai cambiamenti che avvenivano in seno alla società come le nuove tecnologie, i progetti industriali nuovi. La Svezia da società agricola era diventata società industriale avviando quello che sarebbe stato il postindustrialismo. Cosa non facile da capire a quei tempi in Italia, il superamento del cosiddetto fordismo puntando sulle tecniche digitali e cibernetiche vale a dire il lavoro immateriale come si chiama ora…
La socialdemocrazia svedese a quei tempi aveva rapporti non soltanto con i socialisti italiani ma anche, in parte, con gli “eurocomunisti” come Berlinguer ed Igrao…
- Certo, io ricordo che Dagens Nyheter aveva un corrispondente in Italia Agne Hamrim ed io una volta telefonai al caporedattore del DN chiedendogli perché non si parlava mai sul giornale dell’eurocomunismo che era una strategia per riunire due realtà della società europea quella socialdemocratica e quella comunista revisionista. E lui mi rispose: Che vuoi che importi agli svedesi dell’eurocomunismo. Una stupidaggine! Durante le famose settimane di Almedalen in Gotland, fu lo stesso Olof Palme a parlare di eurocomunismo e delle prospettive politiche e sociali socialdemocratiche che in esso trovavano molti punti di convergenza. La produttività e la libera iniziativa erano tali se andavano a beneficio della maggior parte della popolazione.
Tu sei scrittore, hai pubblicato numerosi libri in Italia e in Svezia. Vuoi parlarci di questa tua “vita parallela”?
- Io cominciai come poeta pubblicando da Rebellato quattro raccolte di liriche. Poi Rizzoli nel 1964 pubblicò il mio romanzo La corte estate che era ambientato in Svezia. Sono seguiti altri romanzi a sfondo politico, avventuroso, erotico. Ho raccolto un discreto successo sia di pubblico che di critica. Poi mia moglie morì e furono anni molto difficili per me. Pubblicai bilingue una raccolta di liriche a lei dedicate. Ma nello stesso tempo ebbi, come dire, una crisi di coscienza. Mi chiedevo perché dovessi affliggere i lettori con storie drammatiche e disperate. Non era forse meglio cercare di farli sorridere?
Fu così che diedi alle stampe una trilogia En nubbe och pizza i Alfta, Miraklet i Hälsingland e Den gömda Stockholmstjejen. Storie tante diverse dai miei romanzi precedenti. Ironici e forse esilaranti. Io interpreto la trilogia come le storie di un Don Chisciotte moderno. Nel primo libro il pizzaiolo fallito Peppo ad un certo punto ha un lampo di genio leggendo sul giornale una notizia riguardante un clochard milionario in America. Le cose cominciano ad andargli bene. Tra risate e battute ironiche ci sono nel libro, come dire anche delle riflessioni profonde, perché questo Peppo Esposito ha anche l’hobby della filosofia, cosa per la quale era preso in giro dai suoi compagni di lavoro ma che poi risulterà veramente importante in tante situazioni della sua vita.
La trilogia ha avuto successo, il primo libro ha venduto 60.000 copie cosa non usuale per una piccola casa editrice. Il terzo libro Den gömda Stockholmstjejen En helt osann historia è una parodia di un famosissimo libro di Liza Marklund Gömda. En sann historia. Poi invece una giornalista rivelò che nulla in quel libro era vero. Nel libro della Marklund si accusavano persone innocenti di cose gravissime mentre altre che si sono rese colpevoli di abusi vengono portate sugli altari. Io ho voluto farne una parodia dove tutto è inventato dall’altezza delle protagoniste, oltre i due metri, alla loro avvenenza e a tutti quei personaggi che cercano di fare loro del male. Una trama reale per una storia di fantasia. Il secondo libro Miraklet i Hälsingland con la prefazione di Birgitta Stenberg, è una specie di mistero buffo alla Dario Fo. Il personaggio deve scappare dalla Svezia perché inseguito da persone che credono lui abbia poteri occulti e che possa fare miracoli. Lui parte per l’Africa dove riesce a scaricare su di uno stregone locale il merito o la colpa dei suoi “poteri”, così che la gente cerchi guarigioni e miracoli da questo stregone e non da lui.
Parlaci un po’ del tuo rapporto con gli italiani in Svezia
- Io sono una persona molto timida e restia, forse perché sono un capricorno. Per le autorità ho avuto sempre una certa ritrosia e diffidenza, forse per questo mio carattere ribelle, toscano che non vuole assoggettarsi al potere. Ma ho avuto rapporti fruttiferi con l’istituto italiano di cultura dove ho presentato i miei libri o le mostre di miei quadri. Stessa cosa con gli ambasciatori che si sono susseguiti. Per gli italiani residenti, io li ho sempre incontrati molto volentieri. Io abito a 70 km da Stoccolma ma quando vengo in città vado volentieri alla SAI o incontro volentieri persone. Anche se mi sembra che da parte loro ci sia un po’ di ritrosia nei miei confronti. Chissà cosa credono che io sia un mostro…io sono una persona aperta alla mano, non sono paludato, io mi ritengo un lavoratore della parola.
Poi Angelo Tajani. Siamo amici da tempo, ha stampato alcuni dei miei libri e mi ha offerto di tradurne altri. Poi un altro grande amico purtroppo scomparso ed al quale devo molto è Giacomo Oreglia. Giacomo ed io siamo stati amici per la pelle per tantissimi anni. In pratica dal 1958 fino alla sua morte tre anni fa. Insieme a lui abbiamo scoperto e lanciato molti scrittori svedesi in Italia. Per Oreglia ho tradotto autori come Harry Martinsson e poi Lars Gyllensten, Pär Lagerkvist e Lars Gustavsson. E poi anche due libri per ragazzi Vik il vichingo per la Garzanti che hanno riscosso molto successo notevole in Italia.
Adesso che sei in pensione continui a lavorare a più non posso. Raccontaci dei tuoi nuovi progetti.
- Io ho lavorato per il Corriere della Sera dal 1966 al 1998. Poi, andato in pensione, mi venne a trovare una delle responsabili delle pagine culturali de La Stampa Fiorella Minervino e mi chiese di cominciare a collaborare con loro. Perciò collaboro con La stampa e anche con Avvenire che sta diventando davvero un bel giornale con delle interessantissime pagine culturali. Quest’inverno mi sono ribellato al freddo e alla neve e ho dipinto solo donne seminude in riva al mare… Poi sto scrivendo un libro satirico quasi sardonico che riguarda gli eccessi della tecnologia moderna. Inoltre sto raccogliendo materiali d’archivio sulle guerre di Etiopia. Mio nonno ebbe la medaglia d’argento pur essendo sottufficiale. Lui aveva coperto il suo comandante con il suo corpo per difenderlo, procurandosi numerose ferite e rimanendo quasi cieco. Poi mio padre morto in Africa e decorato con medaglia d’oro. Le storie che raccontano il libri non sempre sono vere. Perché Crispi, eroe nazionale e di sinistra, decise poi di schiavizzare gli africani? Questa è forse la domanda che fa da filigrana al libro. Io voglio raccogliere materiale per dimostrare quali furono i veri eroi di una guerra, quella di Etiopia, così inutile e crudele.
Pensi spesso alla morte?
- Sono coraggioso credo. Sono stato sottoposto a numerose operazioni, ho avuto gravi incidenti. A me della morte non mi frega nulla. Io non sono diventato ricco, nonostante i libri, le traduzioni, gli articoli, i quadri. Ho molti amici tra i miei lettori e tra i miei allievi di disegno. A parte la mancanza di mia moglie sento intorno a me l’affetto dei miei figli e nipoti. Queste cose sono la vera ricchezza per un uomo. Tutto il resto, soldi e ricchezze, li lasceremo con la morte. Ma l’amore è e resterà eternamente.
Intervista a cura di Guido Zeccola
Il Lavoratore spedirà a chi ne farà richiesta gratuitamente copie della trilogia di Saw Alonzo.
Soltanto le spese postali che variano da 40 corone per un libro a 100 per tre libri dovranno essere versate sul conto FAIS 434-0345 indicare la causale ALONZO. Si può anche scrivere alla redazione: [email protected].
I libri rimasti non sono tanti!
- Dal 1957. Venni qui come corrispondente de Il Resto del Carlino per scrivere sul referendum delle pensioni di servizio. Poi una volta presi i contatti con il ministero degli esteri venni a sapere che la pensione ATP già esisteva, e allora il direttore del giornale che all’epoca era Italo Pietra mi disse: OK scrivi su qualche biondina allora… dopo poco incontrai mia moglie, mi misi d’accordo con il giornale e restai qui. Ora ho messo su famiglia, ho figli, nipoti e pronipoti. Ma nel 1974 fui chiamato dal Corriere della sera e rimasi in Italia fino alla fine del 1978. Avevamo problemi per le scuole dei nostri figli ed allora preferii tornare in Svezia. C’era un grande interesse per il Nord Europa a quel tempo in Italia.
Anche per Olof Palme e le sue posizioni non ortodosse in politica estera…
- Si c’era una querelle tra la Svezia e gli USA a proposito della guerra in Vietnam. Un rapporto freddo, glaciale tra due nazioni per molti versi abbastanza simili. Fu la Svezia ad incoraggiare i disertori americani a venirsi a stabilire qui. Poi la Svezia fece anche da intermediaria con l’aiuto di Ted Kennedy per lo scambio di prigionieri, quindi erano notizie interessanti per l’Italia dove c’erano due posizioni contrapposte ed estreme. Da una parte una posizione pro americana e dall’altra quella pro comunista. Invece questo esempio di mediazione chiaro e coraggioso della Svezia gettava luce sulla verità della guerra. C’era anche interesse per l’esperimento sociale in Svezia. Fu coniato un termine da me spesso usato: la sociomobile. Vale a dire la società che pur avendo delineato dei punti saldi per quello che intendeva come Welfare, non si fermava a questo. Ma si adeguava ai cambiamenti che avvenivano in seno alla società come le nuove tecnologie, i progetti industriali nuovi. La Svezia da società agricola era diventata società industriale avviando quello che sarebbe stato il postindustrialismo. Cosa non facile da capire a quei tempi in Italia, il superamento del cosiddetto fordismo puntando sulle tecniche digitali e cibernetiche vale a dire il lavoro immateriale come si chiama ora…
La socialdemocrazia svedese a quei tempi aveva rapporti non soltanto con i socialisti italiani ma anche, in parte, con gli “eurocomunisti” come Berlinguer ed Igrao…
- Certo, io ricordo che Dagens Nyheter aveva un corrispondente in Italia Agne Hamrim ed io una volta telefonai al caporedattore del DN chiedendogli perché non si parlava mai sul giornale dell’eurocomunismo che era una strategia per riunire due realtà della società europea quella socialdemocratica e quella comunista revisionista. E lui mi rispose: Che vuoi che importi agli svedesi dell’eurocomunismo. Una stupidaggine! Durante le famose settimane di Almedalen in Gotland, fu lo stesso Olof Palme a parlare di eurocomunismo e delle prospettive politiche e sociali socialdemocratiche che in esso trovavano molti punti di convergenza. La produttività e la libera iniziativa erano tali se andavano a beneficio della maggior parte della popolazione.
Tu sei scrittore, hai pubblicato numerosi libri in Italia e in Svezia. Vuoi parlarci di questa tua “vita parallela”?
- Io cominciai come poeta pubblicando da Rebellato quattro raccolte di liriche. Poi Rizzoli nel 1964 pubblicò il mio romanzo La corte estate che era ambientato in Svezia. Sono seguiti altri romanzi a sfondo politico, avventuroso, erotico. Ho raccolto un discreto successo sia di pubblico che di critica. Poi mia moglie morì e furono anni molto difficili per me. Pubblicai bilingue una raccolta di liriche a lei dedicate. Ma nello stesso tempo ebbi, come dire, una crisi di coscienza. Mi chiedevo perché dovessi affliggere i lettori con storie drammatiche e disperate. Non era forse meglio cercare di farli sorridere?
Fu così che diedi alle stampe una trilogia En nubbe och pizza i Alfta, Miraklet i Hälsingland e Den gömda Stockholmstjejen. Storie tante diverse dai miei romanzi precedenti. Ironici e forse esilaranti. Io interpreto la trilogia come le storie di un Don Chisciotte moderno. Nel primo libro il pizzaiolo fallito Peppo ad un certo punto ha un lampo di genio leggendo sul giornale una notizia riguardante un clochard milionario in America. Le cose cominciano ad andargli bene. Tra risate e battute ironiche ci sono nel libro, come dire anche delle riflessioni profonde, perché questo Peppo Esposito ha anche l’hobby della filosofia, cosa per la quale era preso in giro dai suoi compagni di lavoro ma che poi risulterà veramente importante in tante situazioni della sua vita.
La trilogia ha avuto successo, il primo libro ha venduto 60.000 copie cosa non usuale per una piccola casa editrice. Il terzo libro Den gömda Stockholmstjejen En helt osann historia è una parodia di un famosissimo libro di Liza Marklund Gömda. En sann historia. Poi invece una giornalista rivelò che nulla in quel libro era vero. Nel libro della Marklund si accusavano persone innocenti di cose gravissime mentre altre che si sono rese colpevoli di abusi vengono portate sugli altari. Io ho voluto farne una parodia dove tutto è inventato dall’altezza delle protagoniste, oltre i due metri, alla loro avvenenza e a tutti quei personaggi che cercano di fare loro del male. Una trama reale per una storia di fantasia. Il secondo libro Miraklet i Hälsingland con la prefazione di Birgitta Stenberg, è una specie di mistero buffo alla Dario Fo. Il personaggio deve scappare dalla Svezia perché inseguito da persone che credono lui abbia poteri occulti e che possa fare miracoli. Lui parte per l’Africa dove riesce a scaricare su di uno stregone locale il merito o la colpa dei suoi “poteri”, così che la gente cerchi guarigioni e miracoli da questo stregone e non da lui.
Parlaci un po’ del tuo rapporto con gli italiani in Svezia
- Io sono una persona molto timida e restia, forse perché sono un capricorno. Per le autorità ho avuto sempre una certa ritrosia e diffidenza, forse per questo mio carattere ribelle, toscano che non vuole assoggettarsi al potere. Ma ho avuto rapporti fruttiferi con l’istituto italiano di cultura dove ho presentato i miei libri o le mostre di miei quadri. Stessa cosa con gli ambasciatori che si sono susseguiti. Per gli italiani residenti, io li ho sempre incontrati molto volentieri. Io abito a 70 km da Stoccolma ma quando vengo in città vado volentieri alla SAI o incontro volentieri persone. Anche se mi sembra che da parte loro ci sia un po’ di ritrosia nei miei confronti. Chissà cosa credono che io sia un mostro…io sono una persona aperta alla mano, non sono paludato, io mi ritengo un lavoratore della parola.
Poi Angelo Tajani. Siamo amici da tempo, ha stampato alcuni dei miei libri e mi ha offerto di tradurne altri. Poi un altro grande amico purtroppo scomparso ed al quale devo molto è Giacomo Oreglia. Giacomo ed io siamo stati amici per la pelle per tantissimi anni. In pratica dal 1958 fino alla sua morte tre anni fa. Insieme a lui abbiamo scoperto e lanciato molti scrittori svedesi in Italia. Per Oreglia ho tradotto autori come Harry Martinsson e poi Lars Gyllensten, Pär Lagerkvist e Lars Gustavsson. E poi anche due libri per ragazzi Vik il vichingo per la Garzanti che hanno riscosso molto successo notevole in Italia.
Adesso che sei in pensione continui a lavorare a più non posso. Raccontaci dei tuoi nuovi progetti.
- Io ho lavorato per il Corriere della Sera dal 1966 al 1998. Poi, andato in pensione, mi venne a trovare una delle responsabili delle pagine culturali de La Stampa Fiorella Minervino e mi chiese di cominciare a collaborare con loro. Perciò collaboro con La stampa e anche con Avvenire che sta diventando davvero un bel giornale con delle interessantissime pagine culturali. Quest’inverno mi sono ribellato al freddo e alla neve e ho dipinto solo donne seminude in riva al mare… Poi sto scrivendo un libro satirico quasi sardonico che riguarda gli eccessi della tecnologia moderna. Inoltre sto raccogliendo materiali d’archivio sulle guerre di Etiopia. Mio nonno ebbe la medaglia d’argento pur essendo sottufficiale. Lui aveva coperto il suo comandante con il suo corpo per difenderlo, procurandosi numerose ferite e rimanendo quasi cieco. Poi mio padre morto in Africa e decorato con medaglia d’oro. Le storie che raccontano il libri non sempre sono vere. Perché Crispi, eroe nazionale e di sinistra, decise poi di schiavizzare gli africani? Questa è forse la domanda che fa da filigrana al libro. Io voglio raccogliere materiale per dimostrare quali furono i veri eroi di una guerra, quella di Etiopia, così inutile e crudele.
Pensi spesso alla morte?
- Sono coraggioso credo. Sono stato sottoposto a numerose operazioni, ho avuto gravi incidenti. A me della morte non mi frega nulla. Io non sono diventato ricco, nonostante i libri, le traduzioni, gli articoli, i quadri. Ho molti amici tra i miei lettori e tra i miei allievi di disegno. A parte la mancanza di mia moglie sento intorno a me l’affetto dei miei figli e nipoti. Queste cose sono la vera ricchezza per un uomo. Tutto il resto, soldi e ricchezze, li lasceremo con la morte. Ma l’amore è e resterà eternamente.
Intervista a cura di Guido Zeccola
Il Lavoratore spedirà a chi ne farà richiesta gratuitamente copie della trilogia di Saw Alonzo.
Soltanto le spese postali che variano da 40 corone per un libro a 100 per tre libri dovranno essere versate sul conto FAIS 434-0345 indicare la causale ALONZO. Si può anche scrivere alla redazione: [email protected].
I libri rimasti non sono tanti!