Un gran cerimoniale accoglie l’ennesima visita di Umberto Eco a Stoccolma. Il cimitero di Praga è il titolo, ora tradotto in svedese (Kyrkogården i Prag), del suo sesto romanzo. A parte la cena in suo onore presso l’ambasciata, Umberto Eco ha incontrato giornalisti e televisioni e ha tenuto un affollatissimo dibattito presso la Casa della cultura della capitale svedese. Kyrkogården i Prag, così il titolo del libro in svedese, è un romanzo che si discosta dai suoi precedenti proprio per la quantità notevole di intrighi, falsità, verità una specie di
Grand Guignol letterario dove, la strabiliante massa di rimandi, di citazioni, di sottintesi fa rimanere il lettore senza respiro privandolo forse di quel plaisir du texte, di quel gusto per la fabulazione che pure ha contraddistinto precedenti opere di Umberto Eco. Incontro Umberto Eco in albergo del centro di Stoccolma poche ore prima della sua partenza per la Germania dove presenterà la versione tedesca del suo libro.
Sono l’ultimo ad intervistarla alla fine di questo soggiorno svedese, e le domande che le avranno rivolto saranno tante e forse molte uguali. Non pretendo adesso di porle io le domande che altri non le hanno posto ma vorrei cominciare con chiederle quale idea si è fatta della cultura e della vita culturale svedese.
- Noi italiani abbiamo sempre avuto una grande ammirazione per la Svezia, un paese colto, dove si legge molto. A parte che adesso c’è la grande moda dei romanzi polizieschi svedesi che hanno invaso l’Italia ed altri paesi, ma questo può essere un episodio secondario. Pensi anche al Nobel appena assegnato a Tomas Tranströmer fa pensare che esista una grande tradizione poetica. Lei lo sa bene che gli italiani hanno sempre avuto una grande stima per gli svedesi quindi è un tratto nazionale. Personalmente sono stato in Svezia molte volte, dal momento che molti dei miei libri sono stati pubblicati in svedese è normale che abbia anche molti lettori.
Kyrkogården i Prag è un libro costituito da tutta una serie di intrecci, di intrighi e cospirazioni. Fenomeno non nuovo anche qui in Svezia abbiamo intrighi e complotti. La mitologia norrena che è tutto un intrigo a parte, pensiamo a Gustavo III ed Anckarström (quelli di Un ballo in maschera) fino forse ad Olof Palme. Il suo romanzo mi ricorda un film meno famoso ma non meno bello di Orson Welles F For Fake. Insomma alla fine non si distingue bene quello che è vero da quello che è falso.
- Vorrei dire che in questo libro la cosa è chiara. Il personaggio è un mascalzone, una spia che si vende per quattro soldi, che volutamente falsifica dei documenti, quindi questo significa che tutto quello che lui produce è falso e quindi che il contrario è vero. Mi è stato chiesto, non da lei ma da altri,
che forse qualche lettore potrebbe prendere sul serio quello che dice il personaggio principale del libro Simone Simonini… cosa le posso dire? Il mondo è pieno di imbecilli quindi tutto è possibile, ma un lettore non prevenuto deve capire che il libro gli presenta tutto quello che Simone Simonini ha costruito dai Protocolli all’affare Dreyfus come menzogna. Ora se uno definisce qualcosa come menzogna vuol dire che c’è la persuasione, la credenza, la forte opinione che il contrario è vero.
Ricordo da bambino quando a scuola ci costringevano a leggere Cuore di Edmondo De Amicis. Nel libro accanto al buono Garrone c’era (E quell’infame sorrise) un bambino di 10 anni Franti che era descritto come cattivo e crudele, additato da tutti, un mostro “sadiano”. Ma alla fine, almeno io, per solidarietà provavo simpatia per lui…
- Lei sa che io ho scritto un Elogio di Franti. De Amicis, che tra l’altro era un grande scrittore, esagera talmente nel dipingere la malvagità di Franti, impossibile che un bimbo di 10 anni sia così cattivo, che alla fine un lettore dice no, non è possibile. Ma quello è un difetto di De Amicis in quel libro. Lo scrittore non riesce a descrivere il personaggio. Esiste una lettera che De Amicis scrive ad un amico dove dice: Sacro iddio ti farò vedere come si fa piangere un bambino. Quindi era proprio una operazione commerciale in cui i buoni sono troppo buoni ed i cattivi troppo cattivi, per questo è facile prenderlo in contropiede ecco.
In questi suoi romanzi costruiti tra fiction e fantasy vede forse la fine del Grande racconto, del Grande romanzo…
- Guardi ogni stagione celebra la fine del romanzo, quindi ormai non prendo più sul serio questa moda che sembra essere lì soltanto per riempire le pagine dei giornali. Il narrare è una pulsione elementare dell’essere umano, se poi lei vuole dirmi che in una certa epoca si raccontava in poemi in rima ed in ottavo e poi verso il sei-settecento si è cominciato a raccontare sotto la forma romanzo, può darsi che in un prossimo futuro si racconti in un’altra forma. Ma la narratività che è un’attività fondamentale non cambierà mai.
Tuttavia esiste una narratività strutturata alla Borges ed una narratività postmoderna affatto strutturata. Quindi la differenza c’è…
- E allora lei mi sta dicendo che possono cambiare gli stili e le modalità della narratività ma la narratività non finisce, ma se lei mi dice finisce il romanzo? Allora io le rispondo di no. Intanto muoio prima io quindi non ho problemi. Si potrebbe anche dire che il libro, in quanto oggetto fisico sia minacciato dagli E-Book e dal digitale, ma sarebbe come chiedersi come facevano alla fine dell’ottocento che la pittura era minacciata dalla fotografia. Sono riuscite a sopravvivere tutte e due tranquillamente.
Lei ha insegnato al Dams ha scritto di avanguardia, ha scritto Opera aperta un libro teorico importante che ha influenzato tutta una serie di scrittori e non solo scrittori come il Gruppo 63. Pensa possibile un’avanguardia o una scrittura sperimentale oggi?
- Ma bisogna intendersi sul termine avanguardia. Perché se ogni cosa nuova che si propone è avanguardia allora l’I-pad è anche avanguardia delle comunicazioni e così via. Però c’è una distinzione fondamentale tra movimenti di avanguardia e letteratura sperimentale. James Joyce era un autore sperimentale, forse il più sperimentale di tutti, però non era un autore che apparteneva a movimenti di avanguardia come per esempio i futuristi
e Marinetti. Quindi i movimenti di avanguardia nascono come momenti di provocazione in determinati momenti storici, le avanguardie hanno alcune caratteristiche in comune come la polemica e l’agonismo intesa nel senso di agonia cioè la capacità di morire al momento giusto. Anche per il gruppo 63, sono stati altri a parlare di neoavanguardia mentre invece il gruppo apparteneva più che altro alla letteratura sperimentale. Sì è vero il gruppo ha avuto dei momenti pubblici, tanto provocatori da farlo apparire come movimento di avanguardia. Ma dopo di che ha saputo suicidarsi. Mentre invece la letteratura sperimentale continua.
Negli anni sessanta e settanta ci sono stati dei momenti di falsa avanguardia come per esempio il new dada, la poesia visiva, la transavanguardia, e non solo in letteratura. Poi sembra tutto ritornare ad un realismo senza magia, ad un nuovo romanticismo, ad un certo conservatorismo espressivo…
-Sì, un poco sì. Anche se gli sperimentali continuano ad esserci come i conservatori che ci sono sempre stati.
Quale è la sua opinione sulle nuove tecnologie mediali ed intermediali?
- Ogni volta che viene fuori un nuovo strumento tecnologico, questo influenza l’andamento dell’arte. C’è stato un periodo in cui si faceva la Faxart. Perché non la si fa più? Ma perché i fax sono in disuso e li utilizzano solo quelli che non hanno un computer. È ovvio che queste nuove tecnologie stanno producendo dei tipi di arte che noi riusciamo a malapena ad immaginare. Il problema vero sarà la permanenza di queste opere. Già è successo con le forme di arte contemporanea non conservabili, come avvenimenti Happening, gli atti comportamentali, ecco, questi non lasciano traccia, non rimangono lì come una statua di Michelangelo. Può darsi che molte di queste forme di arte elettronica siano forme di arte peritura, ma d’altra parte è stato così anche per il jazz classico di New Orleans, ci sono delle forme di riproposta continue ma gli oggetti di quel jazz non ci sono più. Anche per il teatro greco, sì abbiamo i testi ma non sappiamo altro. Quindi forse queste saranno forme di arte più periture. Noi abbiamo però bisogno di documenti duraturi dove dirigere la nostra attenzione. E dove la rivolgeremo? Sugli edifici forse e sui giardini…
Lei ha detto durante la conferenza ieri sera che si parla molto di apocalisse ed ha aggiunto: non credo ci sia da aspettarsi così tanto dall’apocalisse. Ora le chiedo quale suggerimento darebbe ai giovanissimi, ai bambini, come sopravvivere…
- Ho scritto tre libri per bambini con un pittore Eugenio Carli, libri di illustrazione con brevi testi, libri che parlavano in modo fantasioso dell’attualità. Uno si chiamava La bomba ed il generale ed era sulla bomba atomica. Un altro si chiama I tre cosmonauti ed è un libro sulla comprensione tra civiltà diverse e l’ultimo, ma scritto più di dieci anni fa, era Gli gnomi di Gnu un libro sulla ecologia ed il modo di rovinare il pianeta. Sono stai tradotti in molte lingue, è stato un’esperienza transitoria ma Ok ho fatto anch’io qualcosa per i bambini!
Cosa pensa Umberto Eco di Umberto Eco?
- Leggo quello che scrivono gli altri. Lo lascio decidere agli altri. Anche se a volte mi sorprendo, come per quelle critiche de L’Osservatore Romano, il giornale del Vaticano. Hanno criticato
il mio libro appena uscito e non più tardi di ieri lo hanno criticato di nuovo forse perchè il papa Leone XIII non fa una bella figura.
Intervista a cura di Guido Zeccola
Sono l’ultimo ad intervistarla alla fine di questo soggiorno svedese, e le domande che le avranno rivolto saranno tante e forse molte uguali. Non pretendo adesso di porle io le domande che altri non le hanno posto ma vorrei cominciare con chiederle quale idea si è fatta della cultura e della vita culturale svedese.
- Noi italiani abbiamo sempre avuto una grande ammirazione per la Svezia, un paese colto, dove si legge molto. A parte che adesso c’è la grande moda dei romanzi polizieschi svedesi che hanno invaso l’Italia ed altri paesi, ma questo può essere un episodio secondario. Pensi anche al Nobel appena assegnato a Tomas Tranströmer fa pensare che esista una grande tradizione poetica. Lei lo sa bene che gli italiani hanno sempre avuto una grande stima per gli svedesi quindi è un tratto nazionale. Personalmente sono stato in Svezia molte volte, dal momento che molti dei miei libri sono stati pubblicati in svedese è normale che abbia anche molti lettori.
Kyrkogården i Prag è un libro costituito da tutta una serie di intrecci, di intrighi e cospirazioni. Fenomeno non nuovo anche qui in Svezia abbiamo intrighi e complotti. La mitologia norrena che è tutto un intrigo a parte, pensiamo a Gustavo III ed Anckarström (quelli di Un ballo in maschera) fino forse ad Olof Palme. Il suo romanzo mi ricorda un film meno famoso ma non meno bello di Orson Welles F For Fake. Insomma alla fine non si distingue bene quello che è vero da quello che è falso.
- Vorrei dire che in questo libro la cosa è chiara. Il personaggio è un mascalzone, una spia che si vende per quattro soldi, che volutamente falsifica dei documenti, quindi questo significa che tutto quello che lui produce è falso e quindi che il contrario è vero. Mi è stato chiesto, non da lei ma da altri,
che forse qualche lettore potrebbe prendere sul serio quello che dice il personaggio principale del libro Simone Simonini… cosa le posso dire? Il mondo è pieno di imbecilli quindi tutto è possibile, ma un lettore non prevenuto deve capire che il libro gli presenta tutto quello che Simone Simonini ha costruito dai Protocolli all’affare Dreyfus come menzogna. Ora se uno definisce qualcosa come menzogna vuol dire che c’è la persuasione, la credenza, la forte opinione che il contrario è vero.
Ricordo da bambino quando a scuola ci costringevano a leggere Cuore di Edmondo De Amicis. Nel libro accanto al buono Garrone c’era (E quell’infame sorrise) un bambino di 10 anni Franti che era descritto come cattivo e crudele, additato da tutti, un mostro “sadiano”. Ma alla fine, almeno io, per solidarietà provavo simpatia per lui…
- Lei sa che io ho scritto un Elogio di Franti. De Amicis, che tra l’altro era un grande scrittore, esagera talmente nel dipingere la malvagità di Franti, impossibile che un bimbo di 10 anni sia così cattivo, che alla fine un lettore dice no, non è possibile. Ma quello è un difetto di De Amicis in quel libro. Lo scrittore non riesce a descrivere il personaggio. Esiste una lettera che De Amicis scrive ad un amico dove dice: Sacro iddio ti farò vedere come si fa piangere un bambino. Quindi era proprio una operazione commerciale in cui i buoni sono troppo buoni ed i cattivi troppo cattivi, per questo è facile prenderlo in contropiede ecco.
In questi suoi romanzi costruiti tra fiction e fantasy vede forse la fine del Grande racconto, del Grande romanzo…
- Guardi ogni stagione celebra la fine del romanzo, quindi ormai non prendo più sul serio questa moda che sembra essere lì soltanto per riempire le pagine dei giornali. Il narrare è una pulsione elementare dell’essere umano, se poi lei vuole dirmi che in una certa epoca si raccontava in poemi in rima ed in ottavo e poi verso il sei-settecento si è cominciato a raccontare sotto la forma romanzo, può darsi che in un prossimo futuro si racconti in un’altra forma. Ma la narratività che è un’attività fondamentale non cambierà mai.
Tuttavia esiste una narratività strutturata alla Borges ed una narratività postmoderna affatto strutturata. Quindi la differenza c’è…
- E allora lei mi sta dicendo che possono cambiare gli stili e le modalità della narratività ma la narratività non finisce, ma se lei mi dice finisce il romanzo? Allora io le rispondo di no. Intanto muoio prima io quindi non ho problemi. Si potrebbe anche dire che il libro, in quanto oggetto fisico sia minacciato dagli E-Book e dal digitale, ma sarebbe come chiedersi come facevano alla fine dell’ottocento che la pittura era minacciata dalla fotografia. Sono riuscite a sopravvivere tutte e due tranquillamente.
Lei ha insegnato al Dams ha scritto di avanguardia, ha scritto Opera aperta un libro teorico importante che ha influenzato tutta una serie di scrittori e non solo scrittori come il Gruppo 63. Pensa possibile un’avanguardia o una scrittura sperimentale oggi?
- Ma bisogna intendersi sul termine avanguardia. Perché se ogni cosa nuova che si propone è avanguardia allora l’I-pad è anche avanguardia delle comunicazioni e così via. Però c’è una distinzione fondamentale tra movimenti di avanguardia e letteratura sperimentale. James Joyce era un autore sperimentale, forse il più sperimentale di tutti, però non era un autore che apparteneva a movimenti di avanguardia come per esempio i futuristi
e Marinetti. Quindi i movimenti di avanguardia nascono come momenti di provocazione in determinati momenti storici, le avanguardie hanno alcune caratteristiche in comune come la polemica e l’agonismo intesa nel senso di agonia cioè la capacità di morire al momento giusto. Anche per il gruppo 63, sono stati altri a parlare di neoavanguardia mentre invece il gruppo apparteneva più che altro alla letteratura sperimentale. Sì è vero il gruppo ha avuto dei momenti pubblici, tanto provocatori da farlo apparire come movimento di avanguardia. Ma dopo di che ha saputo suicidarsi. Mentre invece la letteratura sperimentale continua.
Negli anni sessanta e settanta ci sono stati dei momenti di falsa avanguardia come per esempio il new dada, la poesia visiva, la transavanguardia, e non solo in letteratura. Poi sembra tutto ritornare ad un realismo senza magia, ad un nuovo romanticismo, ad un certo conservatorismo espressivo…
-Sì, un poco sì. Anche se gli sperimentali continuano ad esserci come i conservatori che ci sono sempre stati.
Quale è la sua opinione sulle nuove tecnologie mediali ed intermediali?
- Ogni volta che viene fuori un nuovo strumento tecnologico, questo influenza l’andamento dell’arte. C’è stato un periodo in cui si faceva la Faxart. Perché non la si fa più? Ma perché i fax sono in disuso e li utilizzano solo quelli che non hanno un computer. È ovvio che queste nuove tecnologie stanno producendo dei tipi di arte che noi riusciamo a malapena ad immaginare. Il problema vero sarà la permanenza di queste opere. Già è successo con le forme di arte contemporanea non conservabili, come avvenimenti Happening, gli atti comportamentali, ecco, questi non lasciano traccia, non rimangono lì come una statua di Michelangelo. Può darsi che molte di queste forme di arte elettronica siano forme di arte peritura, ma d’altra parte è stato così anche per il jazz classico di New Orleans, ci sono delle forme di riproposta continue ma gli oggetti di quel jazz non ci sono più. Anche per il teatro greco, sì abbiamo i testi ma non sappiamo altro. Quindi forse queste saranno forme di arte più periture. Noi abbiamo però bisogno di documenti duraturi dove dirigere la nostra attenzione. E dove la rivolgeremo? Sugli edifici forse e sui giardini…
Lei ha detto durante la conferenza ieri sera che si parla molto di apocalisse ed ha aggiunto: non credo ci sia da aspettarsi così tanto dall’apocalisse. Ora le chiedo quale suggerimento darebbe ai giovanissimi, ai bambini, come sopravvivere…
- Ho scritto tre libri per bambini con un pittore Eugenio Carli, libri di illustrazione con brevi testi, libri che parlavano in modo fantasioso dell’attualità. Uno si chiamava La bomba ed il generale ed era sulla bomba atomica. Un altro si chiama I tre cosmonauti ed è un libro sulla comprensione tra civiltà diverse e l’ultimo, ma scritto più di dieci anni fa, era Gli gnomi di Gnu un libro sulla ecologia ed il modo di rovinare il pianeta. Sono stai tradotti in molte lingue, è stato un’esperienza transitoria ma Ok ho fatto anch’io qualcosa per i bambini!
Cosa pensa Umberto Eco di Umberto Eco?
- Leggo quello che scrivono gli altri. Lo lascio decidere agli altri. Anche se a volte mi sorprendo, come per quelle critiche de L’Osservatore Romano, il giornale del Vaticano. Hanno criticato
il mio libro appena uscito e non più tardi di ieri lo hanno criticato di nuovo forse perchè il papa Leone XIII non fa una bella figura.
Intervista a cura di Guido Zeccola